sabato 23 novembre 2013

APOSTOLATO 16

VISITA IN UNA ABITAZIONE-- Su segnalazione, mi reco in visita ad una ex-suora. Sue frasi: -Da dieci anni ho voltato verso il muro la statua di S.Antonio come castigo, perché non mi ha esaudito. –A Dio, se Gli si dà un dito, ti prende tutto il braccio.- Ho letto la Bibbia una sola volta nella vita, quando ero giovane.- Non prego mai, se non per gli altri. Giovedì 25, dopo un colloquio che in verità è stato in gran parte monologo della intervistata, colloquio che è durato alcune ore, non ho tratto da ciò se non uno strano senso di disorientamento, misto ad un vago terrore; pensare di vedersi sprofondare in un mondo sconosciuto che si dirama in varie direzioni, come ciechi cunicoli sotterranei, partenti da un’unica, vaga caverna i cui fondi sono sperduti in un’infinita serie di altre possibili diramazioni, senza alcuna definibile conclusione. Questa donna, ex suora di clausura che ha lasciato il velo, ma non i voti da circa vent’anni, a prima vista sembra un’allegrona che sopporta tutto con grande fede o con grande rassegnazione. Man mano che parla, scopro che ha molto sofferto nel fisico e nel morale, ma ha superato bene tutto perché non dà agli altri, come del resto a se stessa, l’impressione che la sua povertà sia anche e soprattutto miseria. E’ una donna forte, autoritaria, mascolina di carattere e possessiva negli affetti. Nella fanciullezza ha sofferto per una madre dura e spietata e per un padre distratto negli affetti. Ora, abbandonata da tutti e perfino dai fratelli, i quali volutamente ignorano la sua estrema indigenza e forse la disprezzano in cuor loro, rivolge la sua carica d’affetto verso i diseredati di altri Paesi, vedendo forse in essi lo specchio di se stessa. Oppure è una donna, il cui equilibrio è stato irrimediabilmente distrutto dallo scioglimento dei voti, voti che però le si sono impressi nelle carni, voti che nonostante lei respinga con tutte le forze, non abbandonano la presa, quasi catene indistruttibili. Il suo comportamento è blasfemo e la sua conoscenza religiosa è quasi zero; non bestemmia, ma è come se lo facesse. Parla volgarmente e con parolacce varie dette senza il più piccolo ritegno; Sembra abituata a permettere un po’ tutto negli altri e ad assecondare le loro “scappatelle”. E’ una suora rimasta a metà? Non direi che sia rimasta suora, nonostante lo scioglimento dei voti anzi, questo squilibrio, sembrerebbe dovuto alla perdita irrimediabile del velo, perdita forzata dai superiori, che si è concretizzata in un dissidio permanente tra lei e Dio,creduto colpevole di tutte le sue sventure. Oppure è una santa donna, la quale ha sublimato la sua sofferenza, per il santo scopo del bene altrui. Asserisce non esservi altra strada, per raggiungere Dio, se non quella della sofferenza che però, deve essere totale e immensa. Ella dice che una piccola sofferenza, crea il fastidio, una media sofferenza crea la ribellione, ma una grande sofferenza, se accettata, porta oltre la soglia umana e al contatto con Dio. Lei accetterebbe qualsiasi sofferenza, ma la più inconsolabile, la più dura è quella della povertà. La povertà è la sua tortura quotidiana. Desidera ardentemente (e per questo ha perfino giocato alla lotteria) vincere una grande somma al fine di devolverla in bene, secondo le sue intenzioni. Ognuna di queste donne è lei o,al contrario, nessuna di queste. Attorno alla sua persona, che la ragione e il buon senso ti dicono santa, umana, comprensiva, degna di fede, aleggia uno strano senso di amaro, un veleno sottile che procede da lei, verso di noi e cerca di insinuarsi nelle nostre anime. C’è un senso di perduto, apparentemente innocuo ma in realtà orribile, che attende una nostra ingenua o per lo meno, disattenta difesa, per penetrare in noi, quasi un influsso malefico, una malìa da mago. Più ci penso e più mi convinco che a lei è più vicino satana, di quanto lo sia Dio. (Carlo)

domenica 17 novembre 2013

APOSTOLATO

FESTA DI TUTTI I SANTI- Entro in Chiesa, è il 1° novembre 2013, mi affretto ad andare alla consolle dove sono riposti i foglietti con le letture ed il Vangelo del giorno. Assisto alla S.Messa poi, in attesa che venga distribuita la S.Comunione ai tanti fedeli in fila, il mio sguardo cade sull’angolino dell’ultima pagina del cartaceo. Leggo: conosciamo i testimoni luminosi, P.Enrico Mauri. Chi era costui? Il nome non mi è nuovo. Scorro le poche righe che accompagnano questa presentazione e si accende una lampadina nella mia memoria. Era l’anno 1953 ed ero in procinto di ricevere la prima Comunione in compagnia di altre bambine; ci recammo al nostro primo ritiro spirituale presso la Madonnina del Grappa. Ricordo che fu un giorno di festa. Per la prima volta stavo fuori casa tutto il giorno. La S.Messa, ascoltata di primo mattino, una forte predica sull’importanza di ricevere Gesù fatta da un Sacerdote che già molti, al mio paese, ritenevano essere una santa persona. E poi un pasto frugale: un panino preparato da mamma, ed un frutto. Un breve periodo di riposo in giardino; era maggio e il tempo era invitante per rimanere all’aperto e poi ancora dentro per recitare il S.Rosario e rinnovare l’incontro proprio con Padre Mauri. Logicamente non posso raccontare oggi le parole ascoltate, ma mi è ben chiaro nella mente il viso di quel Sacerdote, il quale, seduto su di una vecchia sedia Savonarola, gli abbondanti capelli bianchi e la gestualità spontanea, accompagnava con un sorriso le sue raccomandazioni sull’essere buone ed ubbidienti. A distanza di 60 anni scopro quindi di aver incontrato un testimone luminoso della Fede, un’anima che ha fatto della sua vita un servizio verso l’umanità, iniziando con il fondare le Associazioni per le madri e gli orfani dei caduti in guerra, il Vivaio Apostolico per la formazione dei Sacerdoti, laici, le coppie di sposi e l’Opera, ancora attiva e funzionante per un costante aiuto alle famiglie bisognose presso il complesso della Madonnina del Grappa. Perché è stato dato questo nome a questa Opera così meritevole? Bisogna andare indietro negli anni, durante la prima guerra mondiale, quando nella battaglia svoltasi sul Monte Grappa, la Madonnina posta su quel monte fu colpita da schegge e molto rovinata ma non abbattuta dal fuoco nemico. Don Mauri si interessò del restauro e da ciò trasse il nome per intitolare la sua Opera proprio come quella Madonnina. Quando nel 1922 seppe che a Sestri Levante era disponibile una villa che poteva essere adatta al suo progetto, chiese aiuto a molte Curie lombarde ed emiliane ed ottenne i finanziamenti necessari per l’acquisto. Nel 1929 fece costruire all’interno del complesso, il Tempio Santuario di Cristo Re che è un’opera ancor oggi visitabile, come del resto la Chiesa che fa parte dei Santuari mariani. Elencare quella che è stata la sua vita, vorrebbe dire spaziare nei campi più impervi, accompagnata inoltre da uno stato di salute, non propriamente ottimale, visto che fin dalla sua nascita fu assegnato ad una famiglia diversa da quella originaria, proprio perché la mamma già affetta dalla tubercolosi, sarebbe morta tre anni dopo. La Chiesa della Madonnina, così come l’abbiamo sempre chiamata, è bellissima con le 13 guglie che somigliano a quelle del Duomo di Milano e che in effetti sono campanili e dove ogni campana porta incisa il titolo delle Encicliche di Pio XI, quale simbolo della voce della Chiesa. Questo Santuario si divide in due parti; c’è quella dedicata ai defunti e quella ai Santi ove un mappamondo retto da un tronco, allude all’albero della Vita. Le spoglie di Padre Mauri riposano in questa Cappella e forse respirano ancora quell’aria di mare che ha prolungato la sua vita, fino agli 84 anni, affinché il suo lavoro fosse proficuo fino alla fine. Oggi è già iniziato il percorso verso la sua beatificazione e proprio per tutto ciò che ha seminato, il traguardo potrebbe essere assai prossimo. Papa Giovanni XXIII lo definiva Padre dinamo e il Vescovo Alberto Maria Careggio ne ha sempre sottolineato le eroiche virtù cresciute grazie alla speciale protezione di Maria, sotto il cui mantello è cresciuto e vissuto. Ecco quindi che i miei ricordi tornano sempre al mio paese natale a quanto mi ha dato dal lato di fede e di amore, a come ancor oggi, da ogni angolo del mio cuore, riaffiorano pensieri e momenti che mi dicono come Maria abbia sempre fatto parte della mia vita e come ancor oggi io non possa farne a meno. La mia mamma non c’è più, ma Lei ci sarà sempre. Grazie Mamma Celeste! (Maria Teresa S.)

domenica 10 novembre 2013

APOSTOLATO

UN ‘ ESPERIENZA SCONVOLGENTE- Protagonista di un’avventura dello spirito, è un giovane scienziato (chimico nucleare) olandese, Josef Verlinde, il quale negli anni ’68 viene contagiato dai fermenti che in quell’epoca stanno condizionando il mondo studentesco, spingendolo a rigettare quelle convinzioni che fino ad allora avevano sostenuto tutta la cultura europea. Come era già avvenuto in epoche passate, i giovani avvertono una forte aria contestatoria e credono di dover aderire ad un rinnovamento che trasformerà la vita di tutta la società. I grandi progressi tecnologici danno facilmente l’illusione di essere alle soglie di scoperte epocali che daranno tutte le risposte alle eterne domande che angustiano gli uomini. Josef Verlinde è una persona molto introspettiva e a lui sta a cuore, soprattutto, il lato spirituale dell’uomo. Quando viene a contatto, apparentemente per caso, con un gurù indiano, quello stesso che aveva influenzato non poco la psiche dei Beattles, rimane affascinato dalle capacità e dalle tecniche del gurù, tanto che accetta di seguirlo in tutto il mondo in qualità di segretario; per quattro anni condividerà in tutto, la vita, le meditazioni della sua guida e accetterà totalmente di sottoporsi alla Meditazione Trascendentale. Secondo questa tecnica, non esiste un Dio Trascendente e i vari esercizi sono basati in gran parte, su tecniche respiratorie e vertono su posizioni meditative, mentre il corpo sottostà ad una perfetta immobilità nella quale non deve esservi alcun movimento, se non quello del cuore. In questa posizione, cosiddetta “del loto” si è totalmente raccolti e, se si sta pensando, bisogna sforzarsi di annullare questo pensiero, affinché si realizzi l’annullamento dell’io, traguardo necessario per sconfiggere qualunque sofferenza. Josef Verlinde descrive “l’enstasi” molto diversa dall’estasi. Convalidato dallo storico delle Religioni, Mircea Eliade (1907-1986) e dallo studioso orientalista Jean Varenne, il neologismo “enstasi” va usato per tradurre l’espressione indiana “samadhi”. Dice Massimo Introvigne: “La traduzione “estasi” che talora è stata proposta, è del tutto erronea. Lo yoghi in stato di “samadhi”, non esce affatto da sé stesso, non è “rapito” come lo sono i mistici; esattamente al contrario, rientra completamente in se stesso, si immobilizza totalmente per l’estinzione progressiva di tutto quanto causa il movimento: istinti, attività corporale e mentale, la stessa intelligenza…” In questo stato di annullamento, negando la sofferenza, si nega anche l’amore. Caratteristica dell’amore è la sua proiezione verso l’altro; questo amore è donazione incondizionata. Ma, secondo la Meditazione Trascendentale, non posso più amare, dal momento che non esiste più l’io. Nel Cristianesimo invece, Dio mi ama di un amore infinito e anche io sono spinto ad amarLo. Questo amore divino è una Persona: lo Spirito Santo. Una volta il discepolo rivelò al gurù che gli europei usano lo yoga nella convinzione di raggiungere un rilassamento, ma il gurù scoppiò a ridere, affermando però che questa disposizione non impedisce allo yoga di funzionare. Dice Josef Verlinde: “Non esiste uno yoga cristiano…il rischio di confusione è enorme. Mi permetto di insistere: la serenità naturale, ottenuta attraverso il lento processo di dissoluzione della coscienza personale, non ha molto a che vedere con la pace soprannaturale dello Spirito del Cristo Risuscitato e non prepara ad accoglierla; è piuttosto il contrario.” Josef Verlinde, in compagnia del gurù, ha tanto sviluppato la sua sensibilità da riuscire a vedere i “deva” demoni maligni indù i quali, durante l’iniziazione di un nuovo adepto, alla pronuncia del “mantra” assegnatogli, gli penetravano tra i due occhi, nel punto noto come “terzo occhio”. Chiesto al gurù perché mai ciò avvenisse, egli si sentiva impotente ad impedirlo. Ma, contrariamente ai dettami della Meditazione Trascendentale, Josef Verlinde paragona la morte di Gesù e quella del Budda. Il Budda, ammalato, sa che sta morendo, allora chiama i discepoli, parla loro e si ritira nel Nirvana, assumendo la posizione del loto, concentrandosi fortemente in sé, in posizione raccolta. Gesù invece, muore con le braccia spalancate, in posizione di accoglienza e grida forte prima di esalare l’ultimo respiro. In Budda è presente una forza centripeta, mentre in Gesù agisce una forza centrifuga. Un giorno, J.Verlinde, conobbe un naturopata credente cattolico il quale, dopo aver discusso, gli chiese chi fosse per lui Gesù Cristo. Questa domanda così esclusiva lo rese pensoso e, all’improvviso, ebbe una locuzione interiore che diceva: “Figlio Mio, per quanto tempo ancora vuoi farMi aspettare?” Improvvisamente Verlinde capì che Gesù lo amava incondizionatamente e percepì che in questa Presenza divina non c’era alcun giudizio. Allora decise di abbandonare, dopo quattro anni, il gurù, senonché una volta rientrato in Europa (Belgio), non si sentiva di prendere contatto direttamente con la Chiesa, e optò per una setta di occultismo la quale, apparentemente parlava di Vangelo, ma che poi egli scoprì essere una setta cristica. Nel frattempo mise in atto una sua insospettata capacità di guarigione, molto apprezzata dalla setta, con la quale esercitò la sua energia guaritrice. Scoprì però che i sintomi venivano, più che guariti, spostati in altra parte del corpo del paziente. Trattati con maggiore determinazione, questi sintomi sparivano di nuovo, ma dopo quindici giorni ricomparivano ancora. Queste persone, colpite dal male, non riescono a capire che qualcosa non torna, ma non ragionano e, invece di cambiare medico, ritornavano per altro trattamento. Non si accorgevano infatti, che piano piano si instaurava in essi una dipendenza che li accompagnerà per tutta la vita. Questa dipendenza è creata dagli spiriti i quali fanno dipendere la guarigione da una collaborazione con essi, accettando, in effetti, la loro dominazione. In verità l’uomo non ha alcun potere occulto, ed è per questo che si serve di queste entità demoniache, le quali posseggono tali forze. Non è infatti una formula, che può funzionare nella guarigione, ma l’alleanza con queste forze demoniache. E’ noto che alcuni contadini dell’entroterra hanno la capacità di guarire le bruciature con lo stesso fuoco, e questa non è altro che una pratica derivante da un’investitura di questa alleanza, trasmessa in un giorno particolare (per lo più la notte di Natale) a chi la voglia assumere. Così oggi, nella nostra società, c’è una notevole quantità di trasmissioni di poteri occulti attraverso lo spiritismo, i maghi, gli stregoni, gli oroscopi etc. Josef Verlinde lascerà anche questa setta cristica, alla quale si era unito ed entrerà in una comunità religiosa cattolica, prendendo i voti e divenendo Padre Josef Maria Verlinde. (Tratto dal libro “Da Cristo al gurù-andata e ritorno” di P.J.M.Verlinde) (Carlo)