giovedì 26 giugno 2014

SPIRITUALITA'



                                      31 maggio 2014 . Beatificazione di suor Speranza Albrama  Valera.-
Quando la malattia entra nella nostra vita od in quella dei nostri cari è sempre un'ospite inaspettato, al quale tu non apriresti mai la porta, e perché, lo fa, senza mai chiedere il permesso, mettendoci  in condizione di pensare a quale male noi abbiamo potuto compiere per meritarci simile castigo.
Ci sono così giorni nei quali ti svegli al mattino e vedi ...nero, vai a dormire e sai che il sonno non arriverà mai. Ogni tuo domani è legato ad una flebile speranza, in quella capacità dei medici di trovare la medicina giusta, o all'intervento di un essere tanto grande e dalle capacità straordinarie, il solo  che è in grado di compiere …..il miracolo.
La scienza medica dispone oggi, più di ieri, di strumenti capaci di avere risultati eccellenti, ma come diceva mia nonna: “ Quando è giunta la tua ora, il Signore leva l'intelletto ai dottori.” Ebbene proprio per questa incapacità, un giovane ragazzo ha combattuto tre mesi, dilaniato da sofferenze difficilmente descrivibili, con un tale coraggio e serenità di accettazione, da sorprendere persino un luminare della medicina come il prof. Paride Stefanini.
Parlo di mio fratello Davide, che dopo un'iniziale imperdonabile leggerezza di alcuni medici militari,  ha  incontrato altri operatori sanitari di un importantissimo nosocomio del nord, i quali hanno visibilmente sbagliato la diagnosi, sottoponendolo ad un intervento chirurgico tanto inutile quanto devastante. Ed un brutto giorno ci fu detto che non vi erano più speranze, salvo il ricoverarlo presso la clinica Mater Dei di Roma, ove operava proprio il prof. Stefanini. Lì ci fu un'attenzione più umana alla persona che soffriva, una vicinanza fatta di silenzio e carezze, e si percepiva che il “prossimo” ti era accanto, perché appena uscivi dalla stanza, altre persone conoscevano che cos'era il dolore e si riusciva in tal modo a condividere la sofferenza dei propri cari.
Così si incontrava anche la parola della fede. Le suore della clinica  erano le ancelle dell'amore Misericordioso, che avevano, da subito, provato simpatia per mio fratello, e che accompagnavano ogni loro servizio con un sorriso. Tutto andava per il meglio, le condizioni generali miglioravano, ma il dolore fisico continuava  a persistere ed a spegnere la luce negli occhi di Davide. Era pronto  quel secondo intervento che avrebbe riparato all'errore precedente. Ma poche ore prima dell'alba,  quella speranza che ci aveva  sempre accompagnato, svanì. Una tromboflebite,( l'eparina
non era stata ancora messa in commercio) fece sospendere l'operazione e tutto fu rimandato.
Non che prima noi non avessimo mai pregato, anzi mio padre passava molte ore in cappella
e si rivolgeva a Maria e a  Suo Figlio come mai aveva fatto prima,  ed un giorno, trovatolo piegato, con la testa poggiata su una panca, e vedendo le lacrime sul volto di tutti noi, la suora ci propose di andare a Collevalenza dove la loro madre Speranza avrebbe sicuramente pregato per Davide.
Alle cinque del mattino partimmo per il Santuario dove incontrammo la suora dal volto di mamma,
ed ancora ricordo quel suo muovere le mani sulla maglia di mio fratello, quel volgere gli occhi al cielo, ed il suo bisbigliare:...”mucho dolor, oh, mucho dolor...èste hijo  esta  en gloria de Dios!.”
Poi mise la sua mano sulle nostre, ci benedisse e disse: “adiòs”.
Durante il viaggio di ritorno regnò tra noi un silenzio assoluto. Le parole ascoltate entravano ed uscivano dalla nostra testa, forse  abbiamo pregato, forse abbiamo lasciato lo spazio ad una disperazione muta e silenziosa, certo è, quando rincontrammo gli occhi di mio fratello, lui ci disse:
“ Non vi amareggiate, io ce lo messa tutta per guarire, si vede che Gesù mi vuole con se.”
C'è una parola che ci ha aiutato: la fede, quella forza di credere che proprio lui aveva visto la via verso la luce, e che il Signore con il suo amore lo aveva protetto nella sofferenza. Davide ci lasciò per sempre dopo pochi giorni. Oggi, a distanza di quarant’anni, la vita riscrive per me questi ricordi.
Quel giorno di febbraio del '74, freddo e luminoso, quel peso che con tanta cura portammo a casa: ovvero la damigianina piena d'acqua attinta alla sorgente del Santuario di Collevalenza  e poi la semplicità  di quella chiesa con quella croce sopra l'altare che sembrava fuori uscire dall'ostia posta alle spalle e che più la guardavi, più ti sembrava venirti incontro.
La beatificazione di Suor Speranza mi ha permesso di rivivere giorni di dolore, ma  ho provato anche tanta gioia  perché so di poter ringraziare  il Signore  che mi ha concesso il dono di  conoscere madre Speranza risvegliando in me il suo motto.” Todo por amor”, PERCHE’ IL PESO DEL DOLORE SI VINCE SOLTANTO CON LA FORZA DELL’AMORE.
                                                     Maria Teresa S.

domenica 1 giugno 2014

SPIRITUALITA'



25  APRILE  1874 : NASCEVA  GUGLIELMO   MARCONI…
Le date sono importanti per tutti e per noi italiani; questo è il giorno dell’anno che porta con sé la parola: libertà.  Se però scaviamo nella memoria, cerchiamo di riflettere, torniamo indietro nel tempo, sostiamo su certi ricordi e li colleghiamo a episodi, apparentemente senza importanza, scopriamo che lo spazio che essi occupano nella nostra memoria, è più grande di quello che immaginiamo. Così vi è un episodio nella mia vita che riaffiora ed al quale non avevo dato alcun peso. Erano i primi giorni del 1974 e ci si preparava a festeggiare l’anniversario per i 100 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi.
Le Autorità cittadine del mio paese, invitarono a portare in Comune ogni possibile documento o ricordo, che riguardasse il soggiorno del premio Nobel per la Fisica, durante gli anni che andavano dal 1932 al 1934.
Marconi aveva infatti individuato in Sestri Levante, il luogo adatto alle sue ricerche e ai suoi studi e, navigando con il suo panfilo “Elettra” nelle acque del Tigullio, aveva scoperto che il promontorio che divideva le due baie, avrebbe potuto diventare un ottimo punto di osservazione per sperimentare i modelli e gli strumenti di radar per la moderna navigazione e di onde corte, cui stava studiando.
Un uomo di mare, come mio padre il quale,  con la licenza di capitano macchinista e di tecnico elettrico, aveva percorso su navi da carico, più volte, le tratte Genova-New York, non si era lasciato sfuggire l’occasione di conoscere uno scienziato di tale importanza e, pur con la dovuta accortezza e senza invadenza, aveva avuto accesso ai locali di quella torre che si ergeva tra alti pini marittimi e verdissimi lecci, di fronte al mare, esposta a mezzogiorno, baciata da un sole dolce in primavera e in autunno.
La curiosità, in famiglia è sempre stata proverbiale, così come l’amore per tutto ciò che potesse portare onore e prestigio al paese natale. Grazie all’aiuto del guardiano della torre, ebbe la possibilità di entrare nel parco dei castelli Gualino ed osservare e fotografare il posizionamento delle ceste contenenti i conigli o l’istallazione dell’antenna arcuata, direzionata verso il panfilo ormeggiato in mare aperto di fronte alla spiaggia di ponente. Ed un giorno che ebbe l’opportunità di entrare nel piccolo studio di Marconi, fotografò un tavolo rotondo, invaso da apparecchi e fili, senza sapere che, a distanza di quarant’anni, quelle foto sarebbero diventate un cimelio importante e meritevoli di essere esposte in occasione di un così importante anniversario.
Ecco la grande intuizione di mio padre: cogliere quell’opportunità e metterla da parte, in una scatola, in fondo a un cassetto. Così, proprio per quell’anniversario, quelle stampe rividero la luce e fecero parte di un album pubblicato nel 1974. Ora che ai cento se ne sono aggiunti altri quaranta, sfogliando, come sempre più spesso mi accade, quelle foto inerenti Guglielmo Marconi e la figura di mio padre, hanno assunto per me sempre maggiore importanza ed ho capito quanto sia indispensabile conservare ogni cosa, perché forse un giorno qualcuno potrà continuare a raccontare i fatti e le immagini che  consentiranno di entrare in contatto con la storia, anche iconsapevolmente. Le parole che ci ha lasciato il grande Marconi :”Le mie invenzioni sono per salvare l’Umanità, non per distruggerla e la scienza è incapace di dare una spiegazione della vita; solo la Fede ci può fornire il senso dell’esistenza ed io sono contento di essere cristiano.” Sono un qualche cosa di incancellabile per tutti noi. Scienza, vita, Fede, esistenza e cristianità! Che cosa c’è di più grande?
Maria Teresa S.