31 maggio
2014 . Beatificazione di suor Speranza Albrama
Valera.-
Quando la malattia entra nella nostra vita od in quella dei
nostri cari è sempre un'ospite inaspettato, al quale tu non apriresti mai la
porta, e perché, lo fa, senza mai chiedere il permesso, mettendoci in condizione di pensare a quale male noi
abbiamo potuto compiere per meritarci simile castigo.
Ci sono così giorni nei quali ti svegli al mattino e vedi
...nero, vai a dormire e sai che il sonno non arriverà mai. Ogni tuo domani è
legato ad una flebile speranza, in quella capacità dei medici di trovare la
medicina giusta, o all'intervento di un essere tanto grande e dalle capacità
straordinarie, il solo che è in grado di
compiere …..il miracolo.
La scienza medica dispone oggi, più di ieri, di strumenti
capaci di avere risultati eccellenti, ma come diceva mia nonna: “ Quando è
giunta la tua ora, il Signore leva l'intelletto ai dottori.” Ebbene proprio per
questa incapacità, un giovane ragazzo ha combattuto tre mesi, dilaniato da
sofferenze difficilmente descrivibili, con un tale coraggio e serenità di
accettazione, da sorprendere persino un luminare della medicina come il prof.
Paride Stefanini.
Parlo di mio fratello Davide, che dopo un'iniziale imperdonabile
leggerezza di alcuni medici militari,
ha incontrato altri operatori
sanitari di un importantissimo nosocomio del nord, i quali hanno visibilmente
sbagliato la diagnosi, sottoponendolo ad un intervento chirurgico tanto inutile
quanto devastante. Ed un brutto giorno ci fu detto che non vi erano più
speranze, salvo il ricoverarlo presso la clinica Mater Dei di Roma, ove operava
proprio il prof. Stefanini. Lì ci fu un'attenzione più umana alla persona che
soffriva, una vicinanza fatta di silenzio e carezze, e si percepiva che il
“prossimo” ti era accanto, perché appena uscivi dalla stanza, altre persone
conoscevano che cos'era il dolore e si riusciva in tal modo a condividere la
sofferenza dei propri cari.
Così si incontrava anche la parola della fede. Le suore
della clinica erano le ancelle
dell'amore Misericordioso, che avevano, da subito, provato simpatia per mio
fratello, e che accompagnavano ogni loro servizio con un sorriso. Tutto andava
per il meglio, le condizioni generali miglioravano, ma il dolore fisico
continuava a persistere ed a spegnere la
luce negli occhi di Davide. Era pronto
quel secondo intervento che avrebbe riparato all'errore precedente. Ma
poche ore prima dell'alba, quella
speranza che ci aveva sempre
accompagnato, svanì. Una tromboflebite,( l'eparina
non era stata ancora messa in commercio) fece sospendere
l'operazione e tutto fu rimandato.
Non che prima noi non avessimo mai pregato, anzi mio padre
passava molte ore in cappella
e si rivolgeva a Maria e a
Suo Figlio come mai aveva fatto prima,
ed un giorno, trovatolo piegato, con la testa poggiata su una panca, e
vedendo le lacrime sul volto di tutti noi, la suora ci propose di andare a
Collevalenza dove la loro madre Speranza avrebbe sicuramente pregato per
Davide.
Alle cinque del mattino partimmo per il Santuario dove
incontrammo la suora dal volto di mamma,
ed ancora ricordo quel suo muovere le mani sulla maglia di
mio fratello, quel volgere gli occhi al cielo, ed il suo bisbigliare:...”mucho
dolor, oh, mucho dolor...èste hijo esta en gloria de Dios!.”
Poi mise la sua mano sulle nostre, ci benedisse e disse:
“adiòs”.
Durante il viaggio di ritorno regnò tra noi un silenzio
assoluto. Le parole ascoltate entravano ed uscivano dalla nostra testa,
forse abbiamo pregato, forse abbiamo
lasciato lo spazio ad una disperazione muta e silenziosa, certo è, quando
rincontrammo gli occhi di mio fratello, lui ci disse:
“ Non vi amareggiate, io ce lo messa tutta per guarire, si
vede che Gesù mi vuole con se.”
C'è una parola che ci ha aiutato: la fede, quella forza di
credere che proprio lui aveva visto la via verso la luce, e che il Signore con
il suo amore lo aveva protetto nella sofferenza. Davide ci lasciò per sempre
dopo pochi giorni. Oggi, a distanza di quarant’anni, la vita riscrive per me
questi ricordi.
Quel giorno di febbraio del '74, freddo e luminoso, quel
peso che con tanta cura portammo a casa: ovvero la damigianina piena d'acqua
attinta alla sorgente del Santuario di Collevalenza e poi la semplicità di quella chiesa con quella croce sopra
l'altare che sembrava fuori uscire dall'ostia posta alle spalle e che più la
guardavi, più ti sembrava venirti incontro.
La beatificazione di Suor Speranza mi ha permesso di
rivivere giorni di dolore, ma ho provato
anche tanta gioia perché so di poter
ringraziare il Signore che mi ha concesso il dono di conoscere madre Speranza risvegliando in me il
suo motto.” Todo por amor”, PERCHE’ IL PESO DEL DOLORE SI VINCE SOLTANTO CON LA
FORZA DELL’AMORE.
Maria Teresa S.