lunedì 31 agosto 2015

SPIRITUALITA'



IL  MOVIMENTO  SACERDOTALE  MARIANO
“La Chiesa è divina ed umana e, nella sua parte umana è fragile e peccatrice ed ha così bisogno di fare penitenza. Oggi la Chiesa vive in un mondo che ha costruito una nuova civiltà secolare. Lo spirito di questo mondo o il secolarismo entrato al suo interno, hanno causato lo stato di grande sofferenza e di crisi in cui la Chiesa si trova. Il secolarismo, a livello intellettuale, diventa razionalismo e, a livello di vita, diviene naturalismo. A causa del razionalismo, oggi vi è la tendenza a interpretare in maniera umana tutto il mistero di Dio ed il deposito della Verità rivelata, e così , sovente, si negano i Dogmi fondamentali della fede e si diffondono gli errori più gravi in maniera nascosta e ambigua. Questi errori vengono talvolta insegnati anche in scuole cattoliche e poco o nulla si salva della Divina Scrittura e persino del Vangelo di  Gesù.
Da qui ha origine la graduale perdita della coscienza del peccato come un male e la trascuratezza del sacramento della Riconciliazione, che ormai si sono diffusi  in tutta la Chiesa.
Il persistere  della crisi nella Chiesa, dipende solo dalla sua interiore disunità. A causa di essa oggi non tutti ascoltano e seguono quanto il Papa indica con il suo magistero. Attorno al Papa spesso vi è un grande vuoto; il suo magistero non è sostenuto da tutta la Chiesa e sovente la sua parola cade in un deserto. Il cammino da percorrere è pertanto quello della piena unione di tutti i Vescovi, i Sacerdoti e i fedeli con il Papa. “ Ecco quindi il sorgere di questo Movimento Mariano. “Esso è costituito da tutti i religiosi non sacerdoti e dai fedeli che si impegnino a vivere una vita di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, in serena comunione con i loro preti ed i loro Vescovi.
Come aderenti al Movimento Mariano, si impegnano in un’esperienza di vita totalmente affidata alla Madonna, perché siano da Lei aiutati a rimanere fedeli alla propria consacrazione  battesimale, a divenire testimoni di comunione e di unità, in uno sforzo costante di conversione per mezzo della preghiera e della penitenza.  Il Battesimo opera una radicale trasformazione: comunica la Grazia e la stessa Vita Divina, configura a Gesù Cristo di cui si diventa fratelli.”
In una locuzione interiore al capo di questo Movimento, il Sacerdote Don Stefano Gobbi, la Madonna, il 9 novembre del 1975, disse: “Vi farò amare tanto la Chiesa. Oggi la Chiesa attraversa momenti di grande sofferenza, perché dai suoi figli è amata sempre di meno. Da tanti si vuole rinnovarla e purificarla solo con la critica, con attacchi violenti alla sua istituzione. Nulla si rinnova e si purifica senza amore.”
“Il Movimento (M.S.M.) è un’Opera della Madonna e consiste essenzialmente nel chiamare i Sacerdoti alla consacrazione al Suo Cuore Immacolato, ad una grande unità al Papa ed alla Chiesa e ad orientare i fedeli ad una rinnovata devozione mariana. Una volta attratti al Suo Cuore materno, Sacerdoti e fedeli, verranno da Lei introdotti nell’intimo del Cuore di Gesù, per vivere nel cuore della Chiesa Suo Corpo Mistico.
Per vivere la consacrazione a  Maria, occorre offrirsi a Lei in una schiavitù di amore, la quale si realizza concretamente vivendo come bambini affidati al Suo Cuore Immacolato, così da lasciarsi, con estrema docilità, nutrire, vestire e condurre da Lei, in ogni momento.
La locuzione interiore è il dono di quanto Dio vuole far conoscere ed aiutare a compiere, ed il Suo rivestirsi di pensieri e di parole umane, secondo lo stile e la grafia di chi riceve il messaggio. La persona diventa strumento di comunicazione, pur mantenendo intatta la sua libertà. Si può dunque dare delle locuzioni interiori, questa definizione: esse sono parole chiarissime, avvertite dalla persona che le riceve come se nascessero dal cuore e che, collegate fra loro, formano un messaggio. Il richiamo del Cielo è quasi sempre improvviso: è il  Signore, oppure sono la Madonna, gli Angeli ed i Santi, che hanno l’iniziativa del momento e del contenuto del  messaggio.
Bisogna crescere nello spirito di Sapienza per gioire con Gesù, quando esclama: “Ti ringrazio o Padre, perché tieni nascosti i Tuoi segreti ai dotti e ai saggi, mentre li riveli ai bambini.”
Ciò che viene da Dio, porta sempre un profondo senso di pace, suscitando verso di Lui, maggiore umiltà e confidenza; aiuta a distaccarci dal male ed a realizzare il bene in una forma semplice, costante;  è rispettoso della nostra libertà e di quella del prossimo. Chi scrive ed opera in nome di Dio, edifica per il senso di equilibrio, di umanità, di fortezza d’animo, pur nel contesto dei limiti e dei difetti umani.” (P.Gobbi)
La Madonna il 21 gennaio 1984 dice a P.Gobbi: “…Anche quando vi preannunzio i castighi ricordate che tutto, in ogni momento, può essere cambiato dalla forza della vostra preghiera e della vostra penitenza riparatrice. Non dite dunque: Quanto ci hai predetto non si è avverato, ma ringraziate con Me il Padre Celeste perché, dalla risposta di preghiera e di consacrazione, dalla vostra sofferenza, dalla immensa sofferenza di tanti Suoi figli, Egli sposta ancora lo spazio della divina Giustizia, perché possa fiorire quello della grande Misericordia.”   E ancora il 7 luglio 1973: “Rinnova la tua consacrazione al Mio Cuore Immacolato: sei Mio; sei Mia proprietà. Devi ogni momento essere quello che Io voglio¸ devi, in ogni momento, fare quanto Io ti domanderò. Non aver paura. Io ti sarò sempre vicina. Ora ti sto preparando a cose grandi, ma a poco a poco, come fa la mamma col suo bambino…”
(Carlo)                 (continua)

SPIRITUALITA'

Continua la pubblicazione del calendario legionario 2016: mese di aprile


DAGLI  SCRITTI  DI  CATERINA  EMMERICK
-Il corteo della morte
“Dopo la sentenza, Gesù fu consegnato agli sgherri che Gli restituirono gli indumenti lavati da persone compassionevoli che ammiravano il Redentore. Siccome il serto di spine impediva che Gli si mettesse la tunica inconsutile, la corona fu levata dalla fronte e perciò tante ferite ripresero a sanguinare, causando indicibili dolori al divin condannato. Gli si rimise anche la veste di lana bianca con la cintura e il manto.
I ladroni, disposti uno a destra e l’altro a sinistra di Gesù, avevano le mani legate e portavano una catena al collo. Anch’essi erano coperti di cicatrici per la flagellazione subita e il Salvatore, desideroso di salvarli, li guardava con amorevolezza. I soldati caricarono, con vari sforzi, la pesante croce sulla spalla destra del divin condannato. Vidi Angeli che aiutavano il loro Re, altrimenti anche perché stremato di forze, non avrebbe potuto umanamente alzarla…
A pochi passi dagli armati, seguivano uomini e giovani con corde, chiodi, biette e ceste piene di vari oggetti. I più robusti portavano pali, scale e i pezzi principali delle croci destinate ai ladroni. Seguivano poi alcuni farisei a cavallo. Un giovane portava l’iscrizione del governatore. Seguiva il Galileo, a piedi nudi e insanguinati, curvo sotto lo schiacciante peso della croce, coperto di piaghe e vacillante, dopo un giorno di assoluto digiuno e una notte insonne. Egli era fisicamente debole, soprattutto per le perdite di sangue e perché divorato dalla febbre, arso dalla sete e oppresso da strazianti dolori. Con la destra sosteneva la croce sulla spalla destra, mentre con la mano sinistra, benché stanca, di quando in quando, si sforzava di alzar la lunga tunica per non inciampare.
La via dove Gesù passava era stretta e sudicia. Dovette quindi soffrire assai nel camminare per essa, piena di pietre e di sterpi, con il peso della croce che Gli straziava la spalla. Procedeva a stento, con il respiro affannoso, scortato da soldati severi, mentre il popolaccio Lo insultava dalle finestre  e gli schiavi scagliavano contro di Lui fango e immondizie.  La via dolorosa poco prima di finire, piegava a destra e poi s’innerpicava alquanto. Ma il Salvatore non poté superarne l’erta e quindi cadde. Invece di sollevarLo, i carnefici cominciarono a imprecare e a percuoterLo. Invano il Redentore tendeva la mano per essere aiutato. I farisei perciò gridavano: “SollevateLo !”. Intanto ai margini della strada v’erano donne piangenti e ragazzi impauriti. Sostenuto tuttavia da una forza sovrumana, Gesù alzò la testa, che aguzzini crudeli, cinsero con la corona di spine. Appena alzato da terra, Egli fu caricato nuovamente della croce.”
-Un penoso incontro
L’Addolorata ormai non poteva più resistere al desiderio di rivedere il Suo divin Figliuolo e chiese perciò a Giovanni di accompagnarLa là, dove Gesù sarebbe passato….Quando coloro che portavano gli strumenti del supplizio si avvicinarono con aria spavalda, La Madre del divin condannato cominciò a trepidare e a gemere. Allora uno di quei manigoldi domandò: “Chi è mai quella Donna che si lamenta?”-“ E’ la Madre del Galileo ! “-rispose uno della masnada.  Quando quei miserabili udirono tale risposta, cominciarono a insultare la impareggiabile Addolorata e uno di essi Le presentò perfino i chiodi, con i quali si sarebbe crocifisso il Suo divin Figliolo.  Allora comparve anche Gesù, la Vergine Lo guardò, ma dovette appoggiarsi allo stipite della porta per non cadere: era pallida come un’agonizzante.
Passarono i farisei a cavallo; poi il giovane con la tavoletta dell’iscrizione e finalmente il Redentore, tremante e curvo sotto il grave peso della croce. Egli piegava penosamente sulla spalla la testa incoronata di spine. Dopo aver rivolto un languido sguardo di compassione alla Sua desolata Madre, Egli inciampò e cadde per la seconda volta, sulle ginocchia già peste dai colpi della prima caduta.  L’Addolorata, per la violenza del dolore che sentiva, non vedeva né soldati né aguzzini; contemplava soltanto il Suo diletto Figlio. A un tratto, Ella discese quasi di volo tra i manigoldi che maltrattavano Gesù; cadde Ella pure in ginocchio al Suo lato e Lo abbracciò con materna tenerezza.
Io udii queste parole: “Figlio Mio!”  “Madre Mia!”
(Carlo)

domenica 23 agosto 2015

SPIRITUALITA'

Continua la pubblicazione del calendario legionario 2016 ; mese di marzo :




ANALISI MEDICA DELLA SINDONE
-Lo schiaffo
L’Uomo della Sindone reca sul Suo volto i segni di due atroci episodi:  quello dello schiaffo e quello della coronazione di spine.  Il primo avvenne durante l’interrogatorio di Caifa: “E subito uno dei servi Gli diede una manata, dicendoGli: “così rispondi al Sommo Sacerdote?” (Gv 18,20-22)
Così oggi constatiamo sul negativo due evidenti tumefazioni, una sotto l’orbita e l’altra sullo zigomo. Lo schiaffo fu violentissimo e probabilmente dato da una mano guantata pesantemente.
-La coronazione di spine
Gli fù calcato sul capo una corona di lunghe spine intrecciate: “E i soldati, intrecciata una corona di spine, Gliela posero sul capo.” (Gv 19,2)
Sulla fronte è evidente una colatura di sangue a forma di 3 rovesciato e proveniente da una grossa vena frontale; la forma a 3 si deve alle rughe della pelle contratta per il forte dolore.
-La flagellazione
Sul petto, sulla schiena e sui polpacci, si ravvisano chiaramente i segni lasciati dal triplice flagello formato da cordicelle alla cui sommità vi erano vertebre di pecora o sferette di piombo, legate a coppia da un piccolo manubrio trasverso.  I colpi erano inferti fino allo svenimento della vittima presso i romani, fino a 40, presso gli ebrei. Nella Sindone se ne contano circa 120.  Il piombo contundente produceva enfiagioni, gli ossicini invece, laceravano.
Il Signore subì il supplizio verso le 10 del mattino, dopo una nottata insonne, in mezzo ai dileggi degli sgherri del Sinedrio e dopo quattro udienze di tribunale, da Anna e Caifa la notte, da Pilato al mattino presto, da Erode verso le 7,30. I Vangeli lo attestano: “Allora Pilato prese Gesù e Lo fece flagellare.”
(Gv 19,1)
-Il peso della croce
Come si evince dal negativo fotografico della Sindone, la spalla destra risulta più bassa della sinistra, come è naturale in un destrorso, ma in questa immagine è gonfia ed escoriata, come lo è la spalla sinistra.  Queste contusioni si spiegano col peso e con lo scorrimento del legno nel trasporto e nelle cadute. Tutto ciò è conforme al Vangelo: “Ed Egli, portando la Sua croce, s’incamminò verso il luogo, detto Calvario, in ebraico Golgota.” (Gv 19,16-17)

-La crocifissione
“Era l’ora terza quando Lo crocifissero” (Mc 15,25). I segni dell’affissione alla croce con chiodi, sono palesi sulla Sindone, per le mani e per i piedi. Le braccia sono incrociate e la mano sinistra copre in parte la destra. La piaga è nel carpo, cioè negli ossicini del polso e non sul palmo che non avrebbe retto il peso, nella zona detta “spazio di Destot”.  Una volta trafitto, viene ferito il nervo tenar, che è sensitivo-motore. Questo nervo, colpito, fa ripiegare il pollice il quale, infatti, non si vede nella Sindone. A causa di questa ferita, questo  nervo sensibile produsse uno spasimo atrocissimo che perdurò per tutta l’agonia.
Dalle colature di sangue si deduce che l’avambraccio destro era perpendicolare al patibolo, invece l’avambraccio sinistro, aveva un angolo di 65° in sollevamento e di 48° in accasciamento.
L’accasciamento opprimeva fortemente il Signore che stentava a respirare; ogni tanto Egli, facendo leva sui piedi inchiodati, si sollevava e così trovava forza per rivolgere l’invocazione al Padre e le parole di conforto alla Madre, al discepolo prediletto e al buon ladrone.  I piedi, inchiodati con un solo chiodo, il sinistro sopra il destro, sono resi evidenti sulla Sindone osservando il davanti e il dietro dell’immagine.
-Il  colpo di lancia
Sulla figura dell’Uomo sindonico, all’altezza del costato, si osserva un’abbondante chiazza di sangue la quale cola in molteplici rivi, sul fianco.  S.Giovanni scrive: “Venuti poi a Gesù e vistoLo morto, non Gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati, con la lancia Gli trafisse il petto e subito uscì sangue ed acqua.” (Gv 19,33-44). Questo colpo di lancia è stato inferto nel  5° spazio intercostale destro e corrisponde anch’esso al segno sindonico.
Gesù non sentì il colpo di lancia, perché era già morto, ma la sofferenza dell’agonia ha fatto formare tanto liquido pleurico e pericardico, da uscire a fiotti dalla ferita del costato.
Secondo vari medici, la morte fu dovuta a crampi tetanici, per cui i muscoli respiratori, stando sempre tesi in espirazione, inducono l’asfissia. Ciò viene rilevato dalla Sindone nella quale il rilievo del petto, appare marcato a detrimento della cavità peritoneale, depressa, a causa della convessità del diaframma.
(Carlo)

martedì 18 agosto 2015

SPIRITUALITA'



(Continua la pubblicazione del Calendario legionario 2016; mese di febbraio):

LA RISURREZIONE
La Risurrezione è un fatto storico e scientifico, ricostruibile nella sua dinamica. Nel racconto della sepoltura, tutti i Vangeli si completano a vicenda e le tracce di questo avvenimento unico, sono descritti dai segnali posti nel sepolcro.  Complessivamente, dal Vangelo di Giovanni, risultano cinque tracce che provano storicamente la Risurrezione di Gesù.  Quando Pietro e Giovanni entrarono nel sepolcro videro che:
-Il corpo di Gesù non c’era
-Gli aromi  erano tutti  volatilizzati
-Le tele erano completamente asciutte
-Le fasce erano vuote e distese sulla pietra sepolcrale
-Il sudario era rimasto rialzato in una posizione unica, irripetibile benché non fosse più sostenuto (Storia libera)
Inoltre, nel Vangelo di Luca (Lc 24,22-24) relativo ai discepoli di Emmaus, si dice: “Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma Lui non l’hanno visto.”
Nel dire “alcuni dei nostri”, Luca specifica che Pietro non è andato da solo, ma qualcuno lo ha accompagnato e ha verificato. Il compagno di Pietro è Giovanni, come risulta in Gv 20,3.
Questo doppio riscontro incrociato di due fonti indipendenti come Luca e Giovanni, è un forte indizio di storicità dell’episodio.  Inoltre, in Matteo (Mt28,5), l’Angelo chiede alle donne di guardare con attenzione dentro al sepolcro “il luogo ove era stato deposto”, non certo per mostrare loro che Gesù non c’era più, visto che lo aveva appena annunciato; evidentemente  perché qualcosa che si trovava nel sepolcro, costituiva la prova concreta della Risurrezione di Gesù.  Le donne però, non osservano bene, perché sono troppo spaventate e desiderose di allontanarsi,  per andare a riferire gli avvenimenti.
                                                                                                             
UN  “DOSSIER”  SULLA PASSIONE
“La condanna di Gesù, eseguita dai romani, è stata recentemente ricostruita nei più minuti  particolari, dall’esame medico-legale di un singolare “corpo del delitto” pervenutoci: il lenzuolo che ne avvolse il cadavere insanguinato.
Oltre 120, i colpi tripli di flagello taxillato  (tre strisce di cuoio appesantite da due pallottoline acuminate) che hanno colpito e lacerato ferocemente, le spalle, i glutei, i polpacci, le braccia e tutta la parte anteriore del corpo dell’Uomo, legato ad una colonna, col dorso ad angolo retto rispetto agli arti inferiori, durante il terribile castigo che venne comminato ad opera di due soldati.
Un casco di spine lunghe 3-4 centimetri, calcato malamente sul capo, ripetutamente percosso, ha lacerato il cuoio capelluto della nuca, della calotta cranica e della fronte, rigandone il volto di sangue.
Una trave del peso di 30-40 Kg, assicurata obliquamente dietro le spalle del condannato, con le braccia in adduzione, da una fune legata poi alla caviglia sinistra, rendeva stentato il passo, vacillante e ridicola l’andatura assai curva, provocando inevitabili cadute di schianto, faccia in giù;  il volto sfigurato da grosse echimosi, la rottura del setto nasale e una lacerazione di ben 2,5 centimetri nella contusione del ginocchio sinistro, le tracce della fune sulla gamba sinistra  e molti altri particolari, ci documentano- visibilmente- tutte le sequenze del tragico percorso. Le piaghe delle spalle (la destra in particolare) e degli avambracci, rivelano di essere state riaperte per  un brusco strappo delle vesti  avvenuto sul luogo dell’esecuzione.
Tre lunghi chiodi, due nel carpo delle mani (spazio di Destot) e uno nel secondo spazio metatarsale dei piedi sovrapposti, il sinistro sul destro, hanno conficcato quel corpo vivo, prima alla trave orizzontale (patibulum)
poi a quella verticale (stipes), provocando dolori lancinanti e facendo uscire altro sangue che, nel defluire, ha segnato direzioni ben precise, rivelatrici oggi, dei movimenti spasmodici di accasciamento e di sollevamento di quell’Agonizzante che cercava  di evitare la morte per asfissia e consegnare ancora ai Suoi le parole estreme.
Tutto rosso, la pelle ricoperta di coaguli di sangue, appariva quell’Uomo, già bello e rinomato, inchiodato alla croce come malfattore, Gesù di Nazareth è morto dopo tre ore di agonia, in posizione di sollevamento, avendo reclinato il capo; la rigidità cadaverica Lo ha fissato così.
Uno squarcio, largo 4 centimetri, dovuto ad un colpo di lancia, vibrato tra la 5° e la 6° costola destra e giunto fino al cuore, faceva fuoriuscire ancora sangue già raccoltosi nella borsa pericardica, distinto nei due elementi costitutivi: parte corpuscolato in basso (ha il peso specifico maggiore) e siero.
Persino l’impronta di una mano d’uomo in posizione contratta per il peso morto che sosteneva, è rimasta impressa sul tallone sinistro, durante il suo trasporto verso il sepolcro.
Trentasei ore di contatto del lenzuolo funebre col cadavere insanguinato, scandirono la maturazione precisa della fibrinolisi che ci ha  regalato “il film” più fedele e sconvolgente della più ingiusta condanna capitale della storia umana. “  (C.P.)


RAGIONI A FAVORE DELL’AUTENTICITA’
Le impronte umane della Sindone sono veramente di un corpo umano. Esse non sono un dipinto; infatti, fino ad ora, nessuno è stato in grado di dimostrarlo. La Sindone è stata gelosamente custodita e protetta fin dal 1353. Si dovrebbe concludere che l’eventuale pittura risalga anteriormente a quell’anno. Ma l’immagine sindonica è un negativo fotografico perfetto e a quell’epoca non era né possibile né concepibile realizzarlo.
“Quel corpo è uscito dal lenzuolo senza strappo dei coaguli ematici, cioè senza movimento, senza spostarsi, come passando attraverso il lenzuolo. Infine le tracce scritte in greco, latino ed ebraico, impresse per sovrapposizione sul lenzuolo. Barbara Frale ha dedicato un libro al loro studio: “La Sindone di Gesù Nazareno”. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia. La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazareth. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato tutto.” (A.Socci
(Carlo)