mercoledì 8 giugno 2016

SPIRITUALITA'



I  GIOVANI  E  LA  FEDE
Leggo su un opuscolo un indagine sulle rivelazioni che alcuni giovani rilasciano all’intervistatore, circa la loro esperienza di fede. Sono giovani studenti  di circa 16 anni di età e si distinguono dalla massa per la loro onestà intellettuale e la loro maturità.
Roberto, uno di loro, asserisce che nel processo del credere vi sia tanta incertezza e si chiede se vi sia una rivelazione personale. Gli risponde un suo compagno: “Il dubbio, la probabilità, sono le forze motrici della fede; non c’è fede senza mistero e c’è il mistero perché essa non è e non deve essere a portata della ragione, ma soltanto della volontà umana. Con la fede, infatti, si crede in pienezza, in tutto il nostro essere e questo è la prova della sua validità. Nella fede vissuta, la ragione riconosce i propri limiti; il sentimento è una spinta per la volontà e la volontà è la molla per l’azione. E tutto questo ingranaggio lavora nel mistero.
Il credente, cioè, è consapevole della propria   in finitudine, gettata là nell’universo dal mistero; però, a differenza del non credente, la illumina e la trasforma, nell’unico modo possibile e sperimentabile: la fede in Dio. Riconosce se stesso nel mistero e realizza se stesso in Dio”
Gianfranco, invece, riporta una sua meditazione nella quale risalta la lotta interiore dell’uomo: “La fede va agognata, va ricercata nell’umiltà dell’abbandono, va difesa dalla tentazione di perderla, quando le cose vanno male e dall’illusione di possederla, quando vanno bene. E’ conquista anche dei violenti, è ricerca, è soprattutto lasciarsi lavorare dalla Grazia, è un lasciarsi prendere. La nostra pienezza ha luogo quando vogliamo, accettiamo, realizziamo, l’unico valore assoluto per cui siamo: Dio.”
Bruno pone tutta la sua speranza nella vita che ci viene da Dio : “Cosa vuol dire credere? Per me vuol dire accettare ragionevolmente alcune verità superiori alla nostra intelligenza limitata, le quali danno un senso alla nostra vita, altrimenti assurda. Prova, Roberto, a racchiudere la vita entro i soli limiti materiali, e vedrai quante assurdità sorgono, riassumibili in questa: L’uomo vive per la morte, pur essendo stato fatto per la vita. Se fossimo nati per morire, la vita sarebbe il più grande assurdo. L’esistenzialismo ateo, accetta tutto questo come un fatto. Poiché non accetta alcuna soluzione che oltrepassi il limite del materiale, si chiude la via all’unica soluzione. Solo la fede supera adeguatamente questo assurdo. Siamo nati per vivere. Gesù è risorto, ha vinto la morte; come Lui, saremo anche noi. Credo, per questo vivo. Oppure, se vuoi, vivo perché credo! Perché nella fede vi è tanta incertezza? Direi, al contrario, nessuno è così certo, come chi ha fede.
La certezza che dà la fede, non è come quella che dà la scienza. Vero. Però, una volta che ho la certezza della fede, non c’è il pericolo che mi risvegli di ora in ora da un bel sogno. Solo colpevolmente posso arrivare a distruggere tutte le mie certezze.”
Maria Rosa asserisce che “la vita cambia, quando siamo noi che cambiamo dal di dentro.”
Manda come messaggio al suo amico, una poesia di Ada Negri :
“Ogni atto di vita in me fu amore. Io credetti  fosse per l’uomo, o la patria terrena, o i nati dal mio saldo ceppo, o i fiori e le piante, i frutti che dal sole hanno nutrimento, sostanza e luce; ma fu amore di Te che in ogni cosa e creatura sei presente. Ora Dio che sempre amai, t’amo, sapendo di amarTi e l’ineffabile certezza che tutto fu giustizia, anche il dolore, tutto fu bene, anche il mio male, tutto per me Tu fosti e sei, mi fa tremante d’una gioia più grande della morte!”
(Da “Dimensioni- dibattito sulla fede”)   Carlo