I GIOVANI
E LA FEDE
Leggo su un
opuscolo un indagine sulle rivelazioni che alcuni giovani rilasciano all’intervistatore,
circa la loro esperienza di fede. Sono giovani studenti di circa 16 anni di età e si distinguono
dalla massa per la loro onestà intellettuale e la loro maturità.
Roberto, uno
di loro, asserisce che nel processo del credere vi sia tanta incertezza e si
chiede se vi sia una rivelazione personale. Gli risponde un suo compagno: “Il
dubbio, la probabilità, sono le forze motrici della fede; non c’è fede senza
mistero e c’è il mistero perché essa non è e non deve essere a portata della
ragione, ma soltanto della volontà umana. Con la fede, infatti, si crede in
pienezza, in tutto il nostro essere e questo è la prova della sua validità.
Nella fede vissuta, la ragione riconosce i propri limiti; il sentimento è una
spinta per la volontà e la volontà è la molla per l’azione. E tutto questo
ingranaggio lavora nel mistero.
Il credente,
cioè, è consapevole della propria in finitudine, gettata là nell’universo dal
mistero; però, a differenza del non credente, la illumina e la trasforma, nell’unico
modo possibile e sperimentabile: la fede in Dio. Riconosce se stesso nel
mistero e realizza se stesso in Dio”
Gianfranco,
invece, riporta una sua meditazione nella quale risalta la lotta interiore dell’uomo:
“La fede va agognata, va ricercata nell’umiltà dell’abbandono, va difesa dalla
tentazione di perderla, quando le cose vanno male e dall’illusione di
possederla, quando vanno bene. E’ conquista anche dei violenti, è ricerca, è
soprattutto lasciarsi lavorare dalla Grazia, è un lasciarsi prendere. La nostra
pienezza ha luogo quando vogliamo, accettiamo, realizziamo, l’unico valore
assoluto per cui siamo: Dio.”
Bruno pone
tutta la sua speranza nella vita che ci viene da Dio : “Cosa vuol dire credere?
Per me vuol dire accettare ragionevolmente alcune verità superiori alla nostra
intelligenza limitata, le quali danno un senso alla nostra vita, altrimenti
assurda. Prova, Roberto, a racchiudere la vita entro i soli limiti materiali, e
vedrai quante assurdità sorgono, riassumibili in questa: L’uomo vive per la
morte, pur essendo stato fatto per la vita. Se fossimo nati per morire, la vita
sarebbe il più grande assurdo. L’esistenzialismo ateo, accetta tutto questo
come un fatto. Poiché non accetta alcuna soluzione che oltrepassi il limite del
materiale, si chiude la via all’unica soluzione. Solo la fede supera
adeguatamente questo assurdo. Siamo nati per vivere. Gesù è risorto, ha vinto
la morte; come Lui, saremo anche noi. Credo, per questo vivo. Oppure, se vuoi,
vivo perché credo! Perché nella fede vi è tanta incertezza? Direi, al contrario,
nessuno è così certo, come chi ha fede.
La certezza
che dà la fede, non è come quella che dà la scienza. Vero. Però, una volta che
ho la certezza della fede, non c’è il pericolo che mi risvegli di ora in ora da
un bel sogno. Solo colpevolmente posso arrivare a distruggere tutte le mie certezze.”
Maria Rosa
asserisce che “la vita cambia, quando siamo noi che cambiamo dal di dentro.”
Manda come
messaggio al suo amico, una poesia di Ada Negri :
“Ogni atto
di vita in me fu amore. Io credetti fosse per l’uomo, o la patria terrena, o i
nati dal mio saldo ceppo, o i fiori e le piante, i frutti che dal sole hanno
nutrimento, sostanza e luce; ma fu amore di Te che in ogni cosa e creatura sei
presente. Ora Dio che sempre amai, t’amo, sapendo di amarTi e l’ineffabile
certezza che tutto fu giustizia, anche il dolore, tutto fu bene, anche il mio
male, tutto per me Tu fosti e sei, mi fa tremante d’una gioia più grande della
morte!”
(Da “Dimensioni-
dibattito sulla fede”) Carlo