MEDITAZIONE SUL BUDDISMO
Oggi è di
gran moda seguire pratiche Yoga sia sul piano fisico, sia in quello spirituale,
illudendosi di raggiungere quel benessere tanto agognato, con una meditazione
di tipo orientale. Ma se si conoscesse in modo meno superficiale di quanto oggi
avvenga, questa teoria o tecnica mentale, probabilmente sarebbe respinta al
mittente.
Adottando,
senza conoscerla bene, questa disciplina può produrre notevoli danni nella sfera
spirituale di un occidentale, poiché preclude il percorso religioso del
cristiano nato nella cultura morale della nostra formazione tradizionale.
Verso il
1500 a.C. tribù indo-iraniche penetrarono nell’India diffondendo la loro
religione pagana che in realtà era un politeismo naturalistico. Infatti essi
veneravano Dyaus (Zeus) il dio del cielo, il sole, la luna, i venti e le
tempeste e i fiumi.
Credevano
che nella natura vi fossero due forze che in qualche modo sono in potere
dell’uomo, il fuoco e un liquore inebriante (radici di asclepias acida). Questa
loro scoperta ha dato luogo ad una mistica e ad una magia praticata dai
Bramini. Questa forza inebriante del liquore è una divinità che si impadronisce
dell’uomo trasformandolo e suscitando in lui stati d’animo prima sconosciuti.
Nacquero così i testi di una dottrina esoterica, le Upanishad.
La loro sete
di giustizia, condusse a riflettere sull’azione umana del castigo o del
compenso che loro chiamano Karman, secondo il quale viene spiegata la diversa
sorte degli uomini, gli uni sfortunati, gli altri felici, gli uni ricchi e gli altri
poveri etc. Però l’anima poteva peregrinare da un corpo umano a uno animale o
vegetale o anche minerale. Secondo questa dottrina del Karman, questo
avvicendarsi della vita affannosa in esistenze successive, invocava la
liberazione da questa catena e Budda insegnò come comportarsi.
Così egli
insegnò ad avere il dominio dei propri sensi rinunciando alla vita esterna in
favore di quella interna, alla vita della carne per vivere quella dello
spirito.
Si creò così
la credenza che l’uomo, mediante opportuni esercizi, potesse sviluppare poteri
psichici straordinari, tanto da dominare le forze stesse della natura. E così
nacque la pratica yoga o ascesi.
Il primo
concetto buddistico è quello della liberazione dai mali dell’esistenza
considerata dolore, poiché vi è il desiderio che lo alimenta. Allora è
necessario spegnere questo desiderio. La nascita è dolore, la vecchiaia è
dolore, la malattia è dolore, la morte è dolore, ciò che piace o ciò che non
piace è dolore: nella vita tutto è dolore perché tutto è transitorio. E non si
tratta di una sola esistenza, ma di un succedersi infinito di esse e l’antidoto
a questo inferno è la soppressione di ogni desiderio, responsabile di ogni
rinascita. Quando ciò avviene si attua il Nirvana.
Con la
meditazione si perviene ad un’ estasi che si propone come scopo la conoscenza,
l’occhio divino che penetra nell’essenza delle cose e dei fenomeni.
Dice il
Budda: “Così egli (il discepolo) vigila nell’interno, stando nel corpo, sul
corpo, così egli vigila all’esterno, stando nel corpo, sul corpo. Egli osserva
come il corpo sorge, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo
sorge e trapassa.” (Da “I pilastri della saggezza”) E in questo controllo non
deve sfuggire neppure il pensiero che contiene la cupidigia,
l’odio,l’inquietudine, l’attaccamento all’esistenza.
E poiché nel
mondo vi sono dei fenomeni graditi e piacevoli, ciò sviluppa quella sete che si
deve combattere, come si deve combattere il sentimento nato dal godimento della
vista, dell’olfatto, del gusto, del tatto etc. Questo combattimento condurrà
alla liberazione dal dolore.
Il Budda
detesta di distruggere semi e piante di qualsiasi specie, rifugge dagli
spettacoli di danza, canto e musica, dalle pratiche mediche.
Però un
asceta non possiede un giudizio adeguato se una cosa sia buona o cattiva, così
per paura di sbagliare, l’asceta si guarda dal dichiarare cosa sia buono o
cattivo.
Inoltre egli
si chiede se esista un premio o un castigo per le azioni buone o cattive.
Il Budda
sostiene che “senza causa è sorto l’Io, senza causa è sorto il mondo.”
Nel “Grande
discorso dell’estinzione” il Budda dichiara che non gioveranno ai fedeli il
compiacersi delle loro azioni, il godimento del sonno, lo stare in compagnia
degli altri, ma gioverà avere il senso della mancata eternità di ogni cosa e
della sua inutilità,della bruttezza e della loro miseria, della fine di tutto.
Alla fine
della sua vita (lui dice a 80 anni) il Budda sostiene che il monaco vive, cercando
in sé stesso la luce, cercando nella Legge la luce e il rifugio, nella
consapevolezza del proprio corpo, allontana da sé ogni cupidigia ed ogni
abbattimento mondano, vigilando e riflettendo su ogni pensiero.
L’atteggiamento
buddista verso la vita si discosta infinitamente dalla concezione cristiana
perché, nella sua solitudine assoluta, non trova altra strada se non
l’annientamento, la negazione disperante di ogni gioia e di ogni amore, nella
convinzione che tutto possegga un’immensa negatività, dalla quale fuggire sia
imperativo. Tutte le doti ricevute, tutti i doni che l’uomo possiede, il
pensiero, il sentimento, le gioie, i dolori che conducono alla consapevolezza,
le iniziative della fantasia creatrice, le arti, la musica, la realizzazione
delle grandi o piccole opere, le scoperte scientifiche, tutto viene rifiutato e
annullato, anzi, immolato davanti al trono demoniaco che vorrebbe desertificare
ogni barlume umano.
E’ possibile
immaginare qualche cosa di più nefasto? Solo una mente diabolica poteva
partorire una simile filosofia!
Sono secoli,
anzi, millenni che satana attenta in mille modi alla felicità dell’uomo, al
quale Dio ha dimostrato e dimostra tutt’ora il Suo Amore e non cessa mai di
seguire e proteggere con la Sua Grazia ognuno di essi. Per l’invidioso demonio
questo è troppo!
I credenti
in Dio sanno che il loro Creatore ha pensato per loro un mondo felice e che i
loro progenitori hanno rifiutato, per sobillazione del nemico comune, tutto il
piano d’Amore destinato per loro. Questo rifiuto di portata illimitata, ha
sconvolto l’universo fisico e spirituale, condannando i discendenti ad una vita
minata in continuazione dall’odio demoniaco.
Ma
Dio,”lento all’ira e grande nell’Amore” ha avuto pietà della nostra ignominia,
realizzando per noi un piano redentivo con il quale ha vinto il peccato,
salvando l’uomo dalla disperazione più assoluta, ritenenendolo ancora un Suo
figlio.
Nel suo
ateismo, il Budda sostiene che tutto è sorto senza causa e invano si sforza di
penetrare i segreti di una creazione meravigliosa ove tutto è perfettamente
calibrato, studiato e avente uno scopo ben preciso che, anche se a noi non è
del tutto conosciuto, è frutto della Sapienza divina. Quanta stoltezza in una
simile religione!
Mi sembra
che nel Buddismo vi sia l’impronta demoniaca, perché descrive spesso
l’influenza delle divinità alle quali è opportuno rivolgersi per ingraziarsele,
ripetendo il credo pagano e offuscando, per non farlo vedere e apprezzare, il
dono di Dio, il vero e unico Dio del Cristianesimo.
Il Budda,
nel vano sforzo di cancellare la sofferenza, della quale non poteva spiegare l’origine
perché essendo vissuto 1500 anni prima di Cristo, non ha potuto conoscere la
Parola di Dio rivelata agli uomini da Gesù Cristo.
La Croce,
ossia la sofferenza della vita, assume con Cristo, un significato sorprendente,
perché svela la Misericordia di Dio, nascosta ma reale, nell’intero percorso
umano, destinato alla vittoria finale, in una felicità perfetta senza fine.
Quindi l’uomo non è solo, non deve contare sulle scarse sue risorse,
non deve annullare la sua stessa umanità, non deve rinunciare alla sua
esclusiva identità che lo rende unico, alla sublimità del suo sincero
sentimento umano affettivo! Il Budda non ha conosciuto l’amore e l’adorazione
per Dio, non ha conosciuto la Divina Provvidenza, l’immenso Amore del Creatore
per l’uomo, per il quale ha dato la vita terrena soffrendo spaventosamente per
salvarlo dall’eterna rovina,non ha goduto della dolcezza delle Parole di
Cristo, non ha sentito né intuito la felicità promessaci anche in questa vita,
ma ha agito, a somiglianza di Adamo, rifiutando tutti i doni ricevuti,
votandosi all’oscurità.
Penso a quanto plagio il Budda abbia subito da satana! Però qualche
squarcio della religiosità inscritta nel cuore dell’uomo, balza fuori ogni
tanto dai suoi scritti nei quali, inconsapevolmente, è toccato dalla Grazia
quando attribuisce ad una fantomatica Legge (forse la legge naturale?) una
importanza morale nella quale l’asceta si rifugia. Inoltre il concetto di giudizio
e pena è soltanto sfiorato, come le
azioni buone o cattive a cui sfugge il giudizio degli asceti, a cui non sa dare
risposta.
Purtroppo in quella lontana epoca non si conosceva l’azione deleteria
del demonio e si adoravano le divinità pagane ignorandone la natura diabolica.
Anche oggi, dove non giunge la Grazia o l’apostolato umano, molte popolazioni
primitive continuano ad adorare gli idoli che non sono altro che demoni.
Il cristiano, consapevole del dono ricevuto nell’essere nato e battezzato
nel nome di Cristo, deve ogni giorno ringraziarLo con tutto il suo cuore.
(Carlo)