domenica 23 settembre 2018

SPIRITUALITA'

“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” “ Quante volte tu hai detto di credere soltanto a quello che vedi coi tuoi occhi e tocchi con le tue mani e non hai forse pensato mai che le più grandi realtà sono spesso quelle che non si vedono e non si toccano. Hai mai veduto con i tuoi occhi il pensiero? Lo hai mai toccato con le tue mani? Mai. Eppure esiste. Tutto ciò che c’è di grande nella storia dell’uomo, fu fatto dal pensiero. Non c’è opera che prima di essere eseguita non sia stata pensata. Non c’è edificio, non c’è macchina, non c’è sinfonia, né poema, né dipinto, che non sia nato dal pensiero. Come dunque si può dichiarare di credere solo a ciò che si vede? Tu credi alla giustizia, soffri e lotti per essa e per essa saresti forse pronto a sacrificarti…Ma l’hai forse veduta qualche volta, la giustizia? Che essere è? Che forma, che colore, che aspetto, che misura ha? Domande assurde. Gli occhi tuoi non videro, né mai vedranno la giustizia. Tuttavia essa è qualcosa. Se no, perché l’invochi? Perché lotti e soffri per essa? E la libertà, l’hai mai vista? Quanta gente vive e muore per essa! Mai veduta, sempre amata. Le cose più grandi e care, dunque, sono spesso tenebre e silenzio per i sensi. Se tu pretendi il segno esteriore per credere(Dio!Dio!Dio! Se Lo vedessi!...Dov’è questo Dio?) vuol dire che in te è opaco l’intelletto e il cuore è sordo. Se tu condizioni la tua fede alle tue prove, vuol dire che tu credi soltanto in te e ai tuoi sensi. Il tuo io proietta la sua lunga ombra sullo specchio della tua anima, impedendo il riflesso del Cielo e la sensualità copre col suo strepito, la voce del tuo cuore. Se non farai tacere un po’ i tuoi sensi e non metterai un po’ da parte te stesso, non arriverai mai a credere. Allora neppure il miracolo ti condurrà alla fede. Perché i tuoi occhi vedranno, sì, qualcosa, le tue mani toccheranno, sì, qualcosa; ma la tua anima sorda e bendata non scorgerà Alcuno. Il tuo spirito occupato da te, non potrà comprendere un Altro. Capire è ricevere, per ricevere bisogna far posto. Gli egoisti e gli orgogliosi non potranno né credere, né amare: nella loro casa non c’è posto per nessun altro. L’amore conduce alla fede e la fede all’amore, perché l’uno e l’altra ci portano fuori di noi stessi. Se rimani sempre chiuso fra le pareti dei tuoi sensi e presso il focolare della tua ragione, ti formerai il pregiudizio che al di là della tua casa non ci sia nient’altro e uscirne ti sembrerà come cadere nel nulla. Ma se per un momento dimenticherai te stesso e coraggiosamente ti lancerai fuori, scoprirai un mondo nuovo, t’accorgerai che non è tutto al di qua del tuo muro, ma tutto è al di là. Avvertirai che le tue pareti non sono i confini della realtà, ne sono bensì la limitazione. La tua ragione non sa dirti più nulla oltre quel limite. Essa ti accompagna alla porta d’uscita della tua casa, ma non ha la chiave per aprirla. Né saprebbe, del resto, guidarti oltre; attaccata com’è alla vita domestica, essa ignora tutto quello che c’è di fuori. Se ne chiedi qualche notizia, esita, fa qualche supposizione, immagina, ma non sa. Non conosce infatti la Verità, ma soltanto poche cose vere; non conosce la Bontà, ma soltanto qualche cosa buona; non la Giustizia, ma solo poche cose giuste; non l’Infinito, ma solo alcune grandezze; non L’Eterno, ma solo il tempo. Se vuoi andare oltre, devi affidarti alla Fede, la sola che abbia la chiave della tua casa. In sua compagnia tu potrai varcare la soglia verso un’esistenza più libera, più vasta, più profonda, dove né l’occhio può vedere, né la ragione può mai bastare, ma dove tu avrai finalmente una certezza e avvertirai l’Eterna Presenza. (Giovanni Albanese) (Carlo)

martedì 4 settembre 2018

SPIRITUALITA'

NON PIANGERE (Lc 7,13)- “Non piangere….soltanto credi. Lascia il pianto per chi non ha la Fede, perché ha rifiutato la Verità e vive nel dubbio; perché cerca il piacere e trova l’amarezza; perché cerca la pace e trova la lotta; perché insegue il suo sogno e non lo raggiunge mai; perché è avido di ricchezze e non è mai pago, o più ne possiede e più teme di perderle. Lascia il pianto a chi non sa perché è nato, né perché soffre, né perché vive, a chi cammina verso la morte senza ritorno, senza speranza nell’aldilà. Se non vuoi piangere più, credi. La Fede ti asciugherà le lacrime, solo la Fede. E perciò è vero che solo la Fede può consolare chi soffre. Solo la Fede è rimedio al dolore. Quando tutti tacciono, quando ogni conforto è vano per te che piangi, solo la Fede può levarsi in piedi e venirti accanto per dirti la sua parola, l’unica che ti salva dalla disperazione. Il dolore ti fa conoscere l’impotenza umana, la Fede ti rivela l’onnipotenza divina; il dolore ti fa toccare la limitatezza umana, la Fede ti fa vedere l’immensità divina; il dolore ti fa sentire la miseria umana, la Fede ti fa scoprire la ricchezza divina. Senza una fede non si può agire. Il contadino non seminerebbe se non avesse fede che il seme germinerà; tu non partiresti mai se non avessi fede di arrivare; nessuno cercherebbe mai se non avesse fede di trovare. Senza fede non si può agire, senza fede non si può vivere. E tutti ce l’hanno una fede, anche chi si dice ateo. Non crederà in Dio, ma in qualche idolo crederà. Sarà un idolo di carne, sarà un idolo d’oro, sarà se stesso, sarà una donna…Ma in qualcuno o in qualcosa crederà. L’uomo vive di assoluto e se rifiuta l’Assoluto, assolutizza il relativo; se respinge il Creatore, divinizza la creatura. Non esistono dunque credenti e atei, ma fedeli e idolatri. O adoratori di Dio, o adoratori di uomini e di cose; o amanti della grandezza divina o amanti delle meschinità umane; o servi del Creatore, o cortigiani di un fantoccio; o seguaci della Verità, o schiavi delle ombre. Ma, assolutamente senza fede non si può vivere. Perché ogni giorno di vita, è una spinta verso l’ignoto. Per cui, o ti fidi di qualcuno che assumi come guida e ti lasci condurre da lui per mano, o non ti fidi di nessuno e allora avanzare è assurdo. Non potrai fare un solo passo. Senza un minimo di speranza non si parte. Senza guida non si va avanti. O crederai in Cristo o crederai in un uomo. Ma ogni uomo, anche se t’ama, anche se è un genio, t’abbandona perché muore; Cristo invece è risorto e vive per non più morire. Chiunque altro che non sia Dio, è sempre relativo e limitato, perciò la delusione, l’amarezza, il pianto. Se non vuoi piangere, dunque credi. Se hai la Fede di che piangerai? Della povertà? C’è la Provvidenza. Delle avversità? Dio combatte con te. Delle ingratitudini? Dio ti ripagherà. Della solitudine? Dio è accanto a te. Delle umiliazioni? Dio ti esalterà. Delle persecuzioni? Dio ti salverà. Dei tuoi scomparsi? Dio te li ridonerà. Del tuo passato? Dio lo cancellerà. Del tuo avvenire? Dio lo preparerà. Della tua morte? Dio ti risusciterà.” (Giovanni Albanese) (Carlo)

SPIRITUALITA'

“MOLTI SONO I CHIAMATI, POCHI GLI ELETTI” (Mt 20,16) “Tu pensi a volte di essere uno sconosciuto, un dimenticato, quasi un essere inutile, non degno di considerazione né di attenzione. Ti sbagli. C’è sempre Qualcuno che ti conosce, che sa il tuo nome, che ti chiama, che ti ha sempre chiamato. Quando tu non eri, Egli pensava a te. Non brillavano ancora le stelle in cielo, né il sole irradiava la terra e tu eri già nella Sua mente; ti vide nel Suo pensiero come un artista contempla nel suo spirito l’opera sua. Ti vide e ti chiamò. Così arrivasti all’esistenza. Se non ti avesse chiamato, tu non saresti. La tua esistenza è dunque una chiamata, una vocazione. Da allora quella voce continua a chiamarti, ti ha chiamato dalla potestà delle tenebre al regno della Fede, ti ha chiamato dal dominio della morte al possesso della vita. Ti chiama ogni giorno a una vita più pura, più onesta, più degna di te, più degna di essere vissuta: ti chiama dal regno della bestia a quello della giustizia. Tutti i giorni quella voce ti chiama a salire un gradino più in alto, verso il bene, verso la verità e verso l’amore. Non la senti? No, non vuoi sentirla perché non vuoi salire. Perché costa salire. Ma ciò che non costa non vale. Tu ti scusi dicendo di non avere le forza sufficiente; ma sai che è un pretesto, perché comprendi che se qualcuno ti invita a salire, vorrà certo aiutarti a salire. Ti schermisci dicendo di non essere degno, ma tu sai che è una scusa perché comprendi che della indegnità deve preoccuparsi chi invita e non chi è invitato. Ti esimi dicendo che occorre pensarci bene, ma sai di mentire perché invece non vuoi pensarci più. Tu esiti promettendo: domani, ma sai di non essere sincero, perché quella non è una promessa ma una evasione. Ti ritrai temendo della tua incostanza, ma sai che è una finta perché capisci che l’avvenire avanza di un giorno alla volta e che la fedeltà si costruisce di ora in ora. Non c’è dunque che una sola ragione della tua renitenza a salire: non vuoi. Ma la voce continua a chiamare. In un avvenimento grave o leggero, in un esempio buono o cattivo, in uno sguardo puro o bieco, nella decisione di un atto o nel richiamo di una parola, in un istante di gioia o nell’ora del dolore, nel consiglio di un amico o nell’invocazione di un fratello…in ogni occasione, in ogni circostanza, sempre echeggia dolce e profonda entro di te, la grande chiamata a un bene maggiore. Non l’odi? Eppure essa grida e ripete il tuo nome e supplica e geme e insiste e promette e scuote e rimprovera e tuona…Non avverti più nulla? Ahimè! Tante volte hai fatto il sordo, che lo sei diventato davvero. Hai preferito i rumori del mondo, hai preferito il suono delle monete, hai preferito il sussurro della tentazione, il canto delle feste, il frastuono dei traffici, la retorica delle adulazioni, il crepitare degli applausi, tutto hai voluto ascoltare, tutto hai voluto accogliere, tranne l’unica voce, tranne l’unico invito che contava accettare. E ora, nonostante tant’anni di vita, ti ritrovi ai piedi della scala, vile, pezzente e sudicio come nascesti. Perciò disse Gesù: “Molti sono i chiamati, pochi gli eletti” Ma chiunque tu sia, dovunque tu sia, finché sei vivo, quella Voce ti chiama. Volgiti, ascoltala. Sarai eletto, sarai salvo, sarai Santo…Se vuoi.” (Giovanni Albanese) (Carlo)

lunedì 3 settembre 2018

SPIRITUALITA'

“SON VENUTO A PORTARE IL FUOCO” (Lc 12,49)- “Il Cristianesimo è la religione dell’entusiasmo. Forse non ci avevi mai pensato, non lo avresti creduto, ma è così. Per l’entusiasmo occorrono due cose: un grande ideale e un grande cuore. Il Cristianesimo possiede il più grande ideale: la conquista della felicità, della giustizia, della sapienza, della perfezione, della immortalità. Tutto ciò di cui tu hai sete profonda e irresistibile. Occorre un grande cuore. Se lo trova, lo travolge e se non lo trova, lo forgia. La fede non è un lusso, né un’occupazione per pensionati; non è un sistema di allevamento di colli torti o di bigotti decrepiti; non è un giardino d’infanzia o un ricovero di vecchi, né il rifugio di falliti, di invertebrati, di rinunciatari. Disilluditi. Il Cristianesimo è l’unico sistema per rinnovare la giovinezza, il quale fin’ora abbia avuto successo. E’ una scuola militare, è una carriera dura ma splendida. Ti si insegna la fede nell’invisibile, la speranza dell’impossibile, l’amore dell’inafferrabile. Ti si insegna l’autodisciplina senza costrizione, l’arte del comando a se stessi senza ossessione, l’arte della conquista senza rapina, e non di terre né di mari né di bottino, ma del cuore umano. Ti si insegna un’atletica dello spirito per vincere la sclerosi intellettuale e per curare il reumatismo o la tisi morale. E’ una scuola di entusiasmo. Non troverai mai un Santo malinconico, pessimista, rinunciatario, sfiduciato; mai un Santo che si dichiari fallito, triste, disfatto. Se ha fatto delle rinunce, non le ha fatte per meschinità, ma per magnanimità; si è spogliato dei cenci, ma per vestirsi di porpora; sembra un vinto ma è un vincitore; si è distaccato, ma per essere libero; sembra un miserabile e invece è un signore. Si fa povero, non per amore della miseria, ma per acquistare una più grande ricchezza; obbedisce non per animo servile ma per dominare finanche se stesso. E’ casto non per insensibilità, ma per insaziabilità: l’amore di una creatura umana non colma il suo cuore. C’è più amore in una cella di carmelitana scalza che in una sala da ballo o in un tabarin; come ci fu più gioia nel cuore di Teresa di Lisieux che nel cuore angosciato di Gabriele D’Annunzio. E’ più libero un povero frate che non un capo di Stato; come vi è più sete di conquista nell’animo di un missionario che non nell’ambizione di un avventuriero. Quando quella fiamma si accende nel cuore di un uomo, non c’è più requie: è una fede impaziente. L’avversità non lo scoraggia ma lo provoca. Se incontra un ostacolo, lo salta e se non può, l’aggira. Ma non si ferma. La sua marcia è in equilibrio sopra gli abissi: vivere nel mondo senza essere del mondo; evitare la presunzione senza cadere nella disperazione; non preoccuparsi del pane quotidiano e cercarlo ogni giorno instancabilmente; essere prudenti come serpenti e semplici come colombe; piangere le proprie colpe e vivere in perfetta letizia. Sempre in cammino, sospinto dall’ideale, fra pericoli naturali e violenze umane, pericoli di folle e pericoli di solitudine, pericoli di nemici e di falsi amici, fra le insidie della vanità e gli agguati delle passioni, tra i flutti della maldicenza e i rovesci dell’ingratitudine. Ma le sue fiaccole sono fiaccole di fuoco e le acque del mare non valgono a spegnere il suo amore. Nulla può fermarlo più, neppure la morte che anzi gli presta le ali per l’ultimo balzo. Quando il mondo vide comparire tali conquistatori, li derise, ma la Storia s’accorse subito che erano ormai giunti i suoi padroni.” (Giovanni Albanese) (Carlo)