lunedì 3 settembre 2018

SPIRITUALITA'

“SON VENUTO A PORTARE IL FUOCO” (Lc 12,49)- “Il Cristianesimo è la religione dell’entusiasmo. Forse non ci avevi mai pensato, non lo avresti creduto, ma è così. Per l’entusiasmo occorrono due cose: un grande ideale e un grande cuore. Il Cristianesimo possiede il più grande ideale: la conquista della felicità, della giustizia, della sapienza, della perfezione, della immortalità. Tutto ciò di cui tu hai sete profonda e irresistibile. Occorre un grande cuore. Se lo trova, lo travolge e se non lo trova, lo forgia. La fede non è un lusso, né un’occupazione per pensionati; non è un sistema di allevamento di colli torti o di bigotti decrepiti; non è un giardino d’infanzia o un ricovero di vecchi, né il rifugio di falliti, di invertebrati, di rinunciatari. Disilluditi. Il Cristianesimo è l’unico sistema per rinnovare la giovinezza, il quale fin’ora abbia avuto successo. E’ una scuola militare, è una carriera dura ma splendida. Ti si insegna la fede nell’invisibile, la speranza dell’impossibile, l’amore dell’inafferrabile. Ti si insegna l’autodisciplina senza costrizione, l’arte del comando a se stessi senza ossessione, l’arte della conquista senza rapina, e non di terre né di mari né di bottino, ma del cuore umano. Ti si insegna un’atletica dello spirito per vincere la sclerosi intellettuale e per curare il reumatismo o la tisi morale. E’ una scuola di entusiasmo. Non troverai mai un Santo malinconico, pessimista, rinunciatario, sfiduciato; mai un Santo che si dichiari fallito, triste, disfatto. Se ha fatto delle rinunce, non le ha fatte per meschinità, ma per magnanimità; si è spogliato dei cenci, ma per vestirsi di porpora; sembra un vinto ma è un vincitore; si è distaccato, ma per essere libero; sembra un miserabile e invece è un signore. Si fa povero, non per amore della miseria, ma per acquistare una più grande ricchezza; obbedisce non per animo servile ma per dominare finanche se stesso. E’ casto non per insensibilità, ma per insaziabilità: l’amore di una creatura umana non colma il suo cuore. C’è più amore in una cella di carmelitana scalza che in una sala da ballo o in un tabarin; come ci fu più gioia nel cuore di Teresa di Lisieux che nel cuore angosciato di Gabriele D’Annunzio. E’ più libero un povero frate che non un capo di Stato; come vi è più sete di conquista nell’animo di un missionario che non nell’ambizione di un avventuriero. Quando quella fiamma si accende nel cuore di un uomo, non c’è più requie: è una fede impaziente. L’avversità non lo scoraggia ma lo provoca. Se incontra un ostacolo, lo salta e se non può, l’aggira. Ma non si ferma. La sua marcia è in equilibrio sopra gli abissi: vivere nel mondo senza essere del mondo; evitare la presunzione senza cadere nella disperazione; non preoccuparsi del pane quotidiano e cercarlo ogni giorno instancabilmente; essere prudenti come serpenti e semplici come colombe; piangere le proprie colpe e vivere in perfetta letizia. Sempre in cammino, sospinto dall’ideale, fra pericoli naturali e violenze umane, pericoli di folle e pericoli di solitudine, pericoli di nemici e di falsi amici, fra le insidie della vanità e gli agguati delle passioni, tra i flutti della maldicenza e i rovesci dell’ingratitudine. Ma le sue fiaccole sono fiaccole di fuoco e le acque del mare non valgono a spegnere il suo amore. Nulla può fermarlo più, neppure la morte che anzi gli presta le ali per l’ultimo balzo. Quando il mondo vide comparire tali conquistatori, li derise, ma la Storia s’accorse subito che erano ormai giunti i suoi padroni.” (Giovanni Albanese) (Carlo)

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