I
RE DI QUESTO
MONDO
Nell’Antico Testamento fino al
periodo dei Giudici, Dio era il vero conduttore della vita di ogni ebreo ed
Egli presiedeva ogni decisione riguardante l’intera vita del Suo popolo. Quando
il Giudice Samuele, molto apprezzato dal popolo per la sua saggezza donatagli
da Dio, diviene vecchio, pensa di trasmettere la sua mansione di Giudice ai due
figli. Essi, però, non hanno il suo carisma e il popolo è scontento per il loro
comportamento scorretto e mercenario, tanto che decidono di chiedere a Dio un
re che li governi, a somiglianza delle altre popolazioni confinanti. Dio non
gradisce questa richiesta perché in sostanza il popolo ha più fiducia in un re
umano di quanto ne possa avere per un Re divino. Il popolo ha già dimenticato
tutto l’episodio relativo alla sua liberazione dal giogo degli Egiziani e tutti
i miracoli a cui i suoi antenati hanno assistito. Di fatto, quindi, respingono
il loro Conduttore, pensando di essere meglio governati da un uomo. Samuele
allora pronuncia un discorso, valido in tutti i tempi e dice: “…Ecco quale sarà
il diritto del re che regnerà su di voi; prenderà i vostri figli e li
destinerà, in parte ai suoi carri e ai suoi cavalli; in parte perché corrano
davanti al suo cocchio. Altri li farà capi di migliaia, di centinaia e di cinquantine,
altri infine li destinerà a coltivare i suoi campi, a mietere le sue messi, a preparargli
armi da guerra e il necessario per i suoi carri. Prenderà pure le vostre
figlie, perché facciano da profumiere, da cuoche e da fornaie. Prenderà i
migliori dei vostri campi, dei vostri vigneti e dei vostri oliveti per darli ai
suoi ministri. Preleverà le decime sulle vostre messi e sulle vostre uve, per
darle ai suoi cortigiani e ai suoi ufficiali. Prenderà i vostri servi e le
vostre serve, i vostri buoi migliori e i vostri asini e se ne servirà per i
suoi lavori. Esigerà, infine, la decima sui vostri greggi e voi stessi
diventerete suoi schiavi.
Allora vi lamenterete del re che vi
siete scelto, ma il Signore non vi esaudirà.” (1Sam 8,10-18)
Credendo in tutto questo, chi di noi
accetterebbe un simile dominio sulle nostre vite?
Eppure questa è la storia di tutti
noi che confidiamo nella potenza organizzativa degli uomini, diffidando delle
leggi amorevoli di Dio. Siamo finalmente convinti che il peccato di origine non
è mai morto?
(Carlo)
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