domenica 22 gennaio 2012

SPIRITUALITA'

LA PROMESSA
Parte 2°

Giuseppe era inviso ai suoi fratelli perché ritenevano che il padre Giacobbe lo amasse più degli altri figli e perché rivelava spesso di fare sogni nei quali ravvisava una sua predominanza futura.
Per questo, colta un’occasione propizia, rapiscono il loro fratello Giuseppe e lo vendono ad un capo carovana che stava attraversando il deserto, dicendo poi al padre che un leone lo aveva divorato.
I carovanieri portarono Giuseppe in Egitto e lo vendettero come schiavo a Potifar, consigliere del Faraone. Ben preso Potifar si accorse che tutto ciò che faceva Giuseppe, riusciva bene e la benedizione del Signore lo accompagnava sempre, tanto da spingere lo stesso Potifar a mettere tutti i suoi beni nelle mani di Giuseppe. Ma l’ostacolo era alla porta: la moglie di Potifar si invaghì del servo Giuseppe e pretendeva di iniziare una relazione.
Giuseppe che era di animo nobile, non volle aderire e così venne denunciato da questa donna come violentatore. Quando lo seppe Potifar, lo fece mettere in prigione.
Ma anche in quel luogo di sofferenza, Dio era con lui e ben presto divenne aiutante del comandante, il quale gli affidò tutti i prigionieri.
Poco tempo dopo il coppiere e il panettiere del Faraone caddero in disgrazia e furono relegati in prigione. In seguito essi fecero un sogno dal significato oscuro, che nessuno era in grado di spiegare. Quando Giuseppe conobbe il sogno, con l’aiuto di Dio, rivelò loro il significato recondito; uno di loro sarebbe stato riconfermato nell’incarico, mentre l’altro sarebbe stato ucciso. Avvenne esattamente così e il coppiere, reintegrato, si dimenticò di Giuseppe.
Due anni dopo il Faraone fece un sogno che nessuno poteva interpretare: sette vacche grasse e belle salgono dal Nilo, seguite da altrettante vacche magre e sofferenti le quali subito divorano le vacche grasse. Tutti i maghi e i sapienti del Regno, vengono interrogati, ma nessuno sa dare il significato.
Allora il capo dei coppieri si ricordò di Giuseppe, grande interprete di sogni, e lo riferì al Re il quale lo volle subito a corte. Giuseppe rivela al Faraone che vi saranno sette anni di grande produzione agricola, ma poi seguiranno sette anni di grande carestia.
Il Faraone gli crede e rende Giuseppe viceré d’Egitto, con l’incarico di salvare il Paese e prendere tutti i provvedimenti del caso. Giuseppe quindi, fece costruire immensi granai. Passati i sette anni di prosperità, arrivano gli anni della carestia e le popolazioni circostanti non sanno come sfamarsi.
Giunta la notizia che in Egitto il grano non manca, Giacobbe manda i figli ad acquistare grano per il suo popolo. Quando i figli di Giacobbe incontrano il viceré Giuseppe, vestito alla foggia egiziana, non lo riconoscono. Per un certo tempo Giuseppe si prende gioco di loro, per far capire l’entità del loro peccato e renderli timorosi dell’eventuale vendetta. Ma Giuseppe li vince con l’amore e con il perdono, anzi, chiede che si trasferisca in Egitto tutto la casa di Israele, per sfuggire alla terribile carestia. Quando Giacobbe seppe del bel epilogo, gioisce e acconsente a raggiungere il prediletto Giuseppe.
Ancora una volta la Provvidenza divina, trova modi e tempi per far prosperare Israele il quale si assesterà in una ricca regione del Paese.
Ma, ancora una volta, la difficoltà è in agguato; dopo varie generazioni, un nuovo Faraone, notò che il popolo ebreo, radicato nell’Egitto, sta crescendo pericolosamente di numero, e decide di angariarlo in vario modo, arrivando a provocare la morte dei nascituri maschi.
Una ragazza ebrea per salvare il proprio figlio, fa in modo che la figlia del Faraone trovi questo bambino in un canestro, apparentemente abbandonato sul Nilo. Al vedere questo bambino di bell’aspetto, la figlia del Faraone se ne appropria e lo adotta, educandolo alla maniera degli egiziani.
Mosé, questo è il nome del bambino, crescerà in mezzo agli egiziani come uno di loro, finché le sue origini saranno scoperte e lui diventerà il liberatore che Dio si è scelto.
(segue)

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