L’erta penosa
“Quando il corteo si rimise in marcia, Gesù, curvo sotto il peso del
trave trasversale e colpito dai colpi dei carnefici, salì penosamente su per
l’erta tra le mura della città e il Golgota. Dove il sentiero piegava a
mezzogiorno, Egli cadde dolorosamente perché sospinto e percosso più
brutalmente che mai. Anche prima di giungere, trafelato, sul Calvario, Egli
cadde penosamente perché le Sue forze fisiche erano ormai esaurite. Il cireneo, quantunque stanco e disgustato,
avrebbe voluto sollevare dal suolo il Redentore, ma gli sgherri glielo
impedirono con ingiurie e maltrattamenti.
Per la sua pietà verso il Nazareno, Simone (il cireneo) divenne poi
uno dei più zelanti discepoli di Lui.
Tormenti
Lo spiazzo della parte elevata del Golgota, orrendo teatro di
supplizio, era di forma quasi circolare e circondato da un terrapieno,
attraversato da cinque sentieri. Il lato per il quale si conducevano i
condannati, era aspro e ripido. I soldati romani erano disposti su punti
strategici per impedire eventuali tumulti e sedizioni, poiché la gente che
formava il corteo, era quasi tutta plebaglia da trivio, risultante di schiavi,
di pagani e di donne del volgo; tutte persone che non temevano di contaminarsi.
Quando il Salvatore cadde per l’ultima volta, fu allontanato di là il
cireneo e gli sgherri fecero alzare Gesù con calci e pugni. Quale pietoso
aspetto Egli aveva! Spossato, pallido, insanguinato e ritto in
piedi sul luogo del supplizio. Non
soddisfatti di averLo maltrattato
durante la lunga ascesa, i carnefici Lo gettarono a terra e poi Lo insultarono
con queste parole:”O Re dei giudei! Adesso innalziamo il Tuo trono!”
Ma Egli si distese sulla croce come si richiedeva, per prendere le
misure; poi Lo si accompagnò verso una cavità rocciosa. Lo si spinse così
brutalmente, ch’Egli si sarebbe rotte le ginocchia contro la rupe, se gli
Angeli non Lo avessero soccorso. Introdotto il divin Condannato sotto
quell’antro, se ne chiuse l’entrata, presso la quale furono poste due
sentinelle. Allora cominciarono i preparativi.
Al centro del piano circolare si elevava la roccia del Golgota: era
un’altura tondeggiante alla quale si accedeva mediante scalini. Su di essa
furono scavate tre buche per fissarvi dentro le tre croci. Si pose ogni croce
là dove ogni condannato si sarebbe dovuto inchiodare, in modo da poterla poi
innalzare senza difficoltà, per lasciarla cadere dentro la buca. Furono
inchiodati i due tronchi della croce di Gesù, all’estremità dei quali si
praticarono i fori per conficcarvi i chiodi. Superiormente si fissò la
tavoletta della Sua condanna e inferiormente uno zoccolo per posarvi i piedi.
Si fece così, affinché il corpo del Redentore fosse sostenuto e il Suo peso non
gravasse troppo sulle mani che altrimenti si sarebbero strappate dai chiodi.
Intanto quattro fieri manigoldi, fecero uscire Gesù dalla caverna e poi Lo
trascinarono dov’era preparata la croce per Lui. Allorché Lo videro le pie donne, diedero
denaro agli sgherri, affinché permettessero di somministrarGli il vino aromatizzato della Veronica. Ma quei
miserabili non diedero tale permesso e bevettero il vino. Essi invece avevano
un vaso con aceto e fiele e un altro con vino mirrato.
Questo presentarono al divino Paziente che vi bagnò appena le labbra
riarse, ma non volle bere.Sul promontorio vi erano diciotto aguzzini, occupati
nel giustiziare il Salvatore e i due ladroni.
I carnefici erano di bassa statura ma robusti; avevano ceffi da stranieri
e capelli crespi; sembravano animali feroci. Servivano i romani e i giudei,
unicamente per lucro. Intanto vedevo
frequentemente aleggiare d’intorno al Salvatore Angeli compassionevoli e
Angelucci radiosi dei quali non distinguevo che le testoline graziose. Ammiravo
pure Angeli che confortavano l’Addolorata e quanti simpatizzavano per Gesù.” (continua)
(Carlo)
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