La crocifissione
“Disposta ogni cosa per la crocifissione, i carnefici privarono il
Salvatore, del manto e della cintura; poi Gli tolsero il vestito esterno di lana bianca. Perché per la corona
di spine, non potevano sottrarre al Galileo , la tunica inconsutile e tessuta
dalla Vergine, Gliela strapparono con violenza, riaprendoGli tutte le ferite.
Non Gli rimaneva altro che un drappo d’intorno alle reni. Perché la tunica era
attaccata alle piaghe, Gesù dovette soffrire strazianti dolori quando Gliela
strapparono. Egli tremava e gemeva, nel
versare nuovo sangue; il petto e la schiena erano tutti ricoperti di ferite
così profonde che si vedevano perfino le ossa.
Perché il divino Paziente vacillava in procinto di svenire per le
atroci sofferenze, Lo si fece sedere sopra una pietra, anche per rimetterGli la
corona di spine sulla fronte… Quando Lo si distese sopra la croce, si stirò il
Suo braccio destro fino al foro dove si sarebbe fissato il chiodo e poi se ne
legò solidamente il polso con una fune. Intanto uno sgherro pose il ginocchio
sul petto di Lui, un altro Gli aperse la mano e un terzo appoggiò sulla palma
di essa un grosso e lungo chiodo che poi colpì con un martello di ferro.
Un gemito, dolce ma straziante, uscì allora dal petto del Salvatore,
mentre il Suo sangue spruzzava le braccia dei carnefici. Dopo aver inchiodato
la mano destra del Galileo, gli aguzzini si accorsero che la sinistra non arrivava
al foro aperto sull’altra estremità della croce. Allora si legò una corda al
braccio sinistro di Lui che poi fu stirato intensamente, finché a mano
arrivasse al foro stesso. Questa slogatura del braccio, causò al Salvatore un
atroce strazio. Il Suo petto si sollevava e le ginocchia tremavano. Ma i carnefici non badavano affatto alle Sue
sofferenze. Uno di essi pose nuovamente il ginocchio sul petto del divino
Paziente, al quale fu legato il braccio e poi Gli si affondò il secondo chiodo
sulla palma sinistra.
Tra le assordanti martellate si udivano i fievoli gemiti del
Salvatore, con le braccia orizzontalmente distese. Le punte dei chiodi erano
così lunghe, da uscir dietro la croce che era di un considerevole spessore.
Intanto l’Addolorata che assisteva a quegli strazi, era pallida come
un cadavere, perché compenetrata da tutti i dolori del Suo diletto Figlio;
profondi gemiti Le uscivano quindi dal petto.
I farisei La burlavano e insultavano, mentre la Maddalena sembrava
impazzita; ella si adunghiava la faccia e le sue guance, perciò, sanguinavano.
Anche per i piedi si era praticato un foro sull’estremità del tronco, presso lo
zoccolo, dove Gesù avrebbe posato i talloni. Perché il corpo del Salvatore si
era rannicchiato verso l’alto della croce per la violenta contrazione delle
braccia, anche le ginocchia erano piegate per lo sforzo di diminuirne il peso
che gravava sulle palme straziate. Ma i carnefici le distesero per legarle con
funi; i piedi però non giungevano sullo zoccolo preparato per sostenerli. Allora,
infuriati per aver preso male le misure, alcuni di quei bruti avrebbero voluto
praticare nuovi fori per i chiodi delle palme, poiché riusciva difficile ormai,
inchiodare lo zoccolo più in su; altri vomitavano imprecazioni contro di Lui e
dicevano inviperiti: “Non vuole stirare le gambe, ma adesso Gliele stiriamo noi
stessi a dovere…” Legarono perciò corde alla Sua gamba destra che poi distesero
violentemente, finché il piede giungesse al foro praticato sullo zoccolo.
Ma quello stiramento provocò una così straziante slogatura, che Gesù
gemette: “Mio Dio, Mio Dio!”
Poi Gli si legarono con funi anche il petto e le braccia affinché,
rizzata verticalmente la croce, il peso del corpo non strappasse le mani dai
chiodi. Anche questo tormento era opprimente poiché il petto, così compresso,
non poteva più dilatarsi liberamente per la penosa respirazione.
Legato quindi, il piede sinistro sopra il destro, furono perforati
ambedue con un trapano, poiché non erano in una posizione adatta per poterli
inchiodare separatamente. Poi si prese un chiodo più lungo di quelli delle mani
e lo si conficcò sui piedi sovrapposti l’uno sull’altro e appoggiati sullo
zoccolo. Questa fu una tortura ancor più dolorosa delle precedenti, per la
slogatura di tutto il corpo. I gemiti che il dolore strappava a Gesù, si
univano alla continua orazione ch’Egli rivolgeva al Padre Suo con salmi ed
espressioni profetiche, i cui vaticini si andavano compiendo. Il Salvatore non
aveva mai smesso di pregare così, neppure su per la via dolorosa e così
continuò fino alla morte.”
(Carlo) (dagli scritti di Caterina Emmerick)
Nessun commento:
Posta un commento