giovedì 17 settembre 2015

SPIRITUALITA'

continua la pubblicazione del calendario legionario 2016; mese di giugno



 La crocifissione
“Disposta ogni cosa per la crocifissione, i carnefici privarono il Salvatore, del manto e della cintura; poi Gli tolsero il vestito  esterno di lana bianca. Perché per la corona di spine, non potevano sottrarre al Galileo , la tunica inconsutile e tessuta dalla Vergine, Gliela strapparono con violenza, riaprendoGli tutte le ferite. Non Gli rimaneva altro che un drappo d’intorno alle reni. Perché la tunica era attaccata alle piaghe, Gesù dovette soffrire strazianti dolori quando Gliela strapparono.  Egli tremava e gemeva, nel versare nuovo sangue; il petto e la schiena erano tutti ricoperti di ferite così profonde che si vedevano perfino le ossa.
Perché il divino Paziente vacillava in procinto di svenire per le atroci sofferenze, Lo si fece sedere sopra una pietra, anche per rimetterGli la corona di spine sulla fronte… Quando Lo si distese sopra la croce, si stirò il Suo braccio destro fino al foro dove si sarebbe fissato il chiodo e poi se ne legò solidamente il polso con una fune. Intanto uno sgherro pose il ginocchio sul petto di Lui, un altro Gli aperse la mano e un terzo appoggiò sulla palma di essa un grosso e lungo chiodo che poi colpì con un martello di ferro.
Un gemito, dolce ma straziante, uscì allora dal petto del Salvatore, mentre il Suo sangue spruzzava le braccia dei carnefici. Dopo aver inchiodato la mano destra del Galileo, gli aguzzini si accorsero che la sinistra non arrivava al foro aperto sull’altra estremità della croce. Allora si legò una corda al braccio sinistro di Lui che poi fu stirato intensamente, finché a mano arrivasse al foro stesso. Questa slogatura del braccio, causò al Salvatore un atroce strazio. Il Suo petto si sollevava e le ginocchia tremavano.  Ma i carnefici non badavano affatto alle Sue sofferenze. Uno di essi pose nuovamente il ginocchio sul petto del divino Paziente, al quale fu legato il braccio e poi Gli si affondò il secondo chiodo sulla palma sinistra.
Tra le assordanti martellate si udivano i fievoli gemiti del Salvatore, con le braccia orizzontalmente distese. Le punte dei chiodi erano così lunghe, da uscir dietro la croce che era di un considerevole spessore.
Intanto l’Addolorata che assisteva a quegli strazi, era pallida come un cadavere, perché compenetrata da tutti i dolori del Suo diletto Figlio; profondi gemiti Le uscivano quindi dal petto.
I farisei La burlavano e insultavano, mentre la Maddalena sembrava impazzita; ella si adunghiava la faccia e le sue guance, perciò, sanguinavano. Anche per i piedi si era praticato un foro sull’estremità del tronco, presso lo zoccolo, dove Gesù avrebbe posato i talloni. Perché il corpo del Salvatore si era rannicchiato verso l’alto della croce per la violenta contrazione delle braccia, anche le ginocchia erano piegate per lo sforzo di diminuirne il peso che gravava sulle palme straziate. Ma i carnefici le distesero per legarle con funi; i piedi però non giungevano sullo zoccolo preparato per sostenerli. Allora, infuriati per aver preso male le misure, alcuni di quei bruti avrebbero voluto praticare nuovi fori per i chiodi delle palme, poiché riusciva difficile ormai, inchiodare lo zoccolo più in su; altri vomitavano imprecazioni contro di Lui e dicevano inviperiti: “Non vuole stirare le gambe, ma adesso Gliele stiriamo noi stessi a dovere…” Legarono perciò corde alla Sua gamba destra che poi distesero violentemente, finché il piede giungesse al foro praticato sullo zoccolo.
Ma quello stiramento provocò una così straziante slogatura, che Gesù gemette: “Mio Dio, Mio Dio!”
Poi Gli si legarono con funi anche il petto e le braccia affinché, rizzata verticalmente la croce, il peso del corpo non strappasse le mani dai chiodi. Anche questo tormento era opprimente poiché il petto, così compresso, non poteva più dilatarsi liberamente per la penosa respirazione.
Legato quindi, il piede sinistro sopra il destro, furono perforati ambedue con un trapano, poiché non erano in una posizione adatta per poterli inchiodare separatamente. Poi si prese un chiodo più lungo di quelli delle mani e lo si conficcò sui piedi sovrapposti l’uno sull’altro e appoggiati sullo zoccolo. Questa fu una tortura ancor più dolorosa delle precedenti, per la slogatura di tutto il corpo. I gemiti che il dolore strappava a Gesù, si univano alla continua orazione ch’Egli rivolgeva al Padre Suo con salmi ed espressioni profetiche, i cui vaticini si andavano compiendo. Il Salvatore non aveva mai smesso di pregare così, neppure su per la via dolorosa e così continuò fino alla morte.”
(Carlo)   (dagli scritti di Caterina Emmerick)

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