martedì 22 luglio 2014

SPIRITUALITA'



LA  RELIGIOSITA’   DI  EDMONDO  DE  AMICIS-
E’ una vita che sento criticare Edmondo De Amicis, l’autore del famosissimo libro “Cuore” per la sua inspiegabile mancanza religiosa.  Come  si può, infatti, trattare di alti comportamenti morali, di ideali sublimi per i quali si è disposti a dare la vita, di eroismi  estremi e soprattutto di appassionata umanità e di donazioni generose di sé, senza mai, con scrupolosa cura, fare alcun riferimento a Dio e al Suo amore per noi?  Tutte le azioni descritte in questo libro lasciano l’amaro in bocca perché i protagonisti sono soli, totalmente soli. Non c’è mai, dico mai, un singhiozzo, una preghiera, una speranza, un afflato verso una Creatura superiore che potrebbe condizionare  le realtà sofferenti dei poveri protagonisti, il cui pianto è un pianto disperato, desertico, ingiustificato. Ma come conciliare questa esasperazione del cuore umano con l’arida concezione della vita che sembra essere la peculiarità dell’autore?
Ritengo che la risposta esauriente dell’autore si trovi in alcune righe stilate in seno al libro di viaggi intitolato “Spagna”. Ecco le parole di Edmondo De Amicis nel libro su menzionato, ove nel descrivere la  Cappella ove si trova la statua lignea della Vergine del Pilar, statua che la tradizione asserisce essere stata scolpita da S.Giacomo, rimane folgorato dall’intensa religiosità dei fedeli. Ecco la sua descrizione: “La prima pietra di Nostra Donna del Pilar, fu posta nel 1686 in un luogo dove sorgeva una Cappella innalzata da S.Giacomo, per deporvi l’immagine miracolosa della Vergine che vi è tutt’ora. E’ un immenso edificio, di base rettangolare, sormontato da undici cupole, coperte di tegole variopinte che gli danno una graziosa aria moresca; le mura disadorne e di color cupo. Entrate: è una vasta chiesa oscura, nuda, fredda, divisa in tre navate, circondata di cappelle modeste. Lo sguardo corre subito al Santuario che sorge nel mezzo: là è la statua della Vergine. E’ come un tempio nel tempio, che potrebbe star solo in mezzo alla piazza, se si abbattesse l’edificio che lo circonda. Una corona di belle colonne di marmo, disposte ad ellissi, sorreggono una cupola riccamente scolpita, aperta nella parte superiore e ornata intorno all’apertura di ardite figure d’Angeli e di Santi. Nel mezzo è l’Altar Maggiore; a destra , l’immagine di S.Giacomo; a sinistra, in fondo, sotto un baldacchino d’argento che spicca sur un’ampia tenda di velluto tempestato di stelle, in mezzo al luccichìo di migliaia di voti, al chiarore di innumerevoli lampade, la statua famosa della Vergine, postavi or sono diciannove secoli da S.Giacomo, scolpita in legno, annerita dal tempo, tutta coperta, tranne il capo Suo e quello del Bambino, da una splendida dalmatica; e sul dinanzi, tra le colonne, intorno al Santuario, e lontano, in fondo alle navate della chiesa, in tutti i punti di dove lo sguardo può giungere all’immagine venerata, fedeli inginocchiati, prostrati, col capo quasi a terra, colle mani in croce: donne del popolo, operai, signore, soldati, fanciulli; e dalle varie porte della chiesa un continuo venir di gente a passi lenti, in punta di piedi, con gravi aspetti; e in quel profondo silenzio non un mormorio, non un fruscìo, non un respiro; la vita di quella folla pare sospesa; par che s’attenda da tutti un’apparizione divina, una voce misteriosa, una qualche rivelazione tremenda da quell’arcano Santuario; e anche chi non crede e non prega, è forzato a fissare lo sguardo dove si fissan tutti gli sguardi  e il corso dei suoi pensieri s’arresta in una specie d’inquieta aspettazione. Oh suonasse pur quella voce!-io pensavo-; seguisse pure l’apparizione; e fosse anche una parola o una vista che mi facesse incanutire dallo spavento e gettare un urlo non udito mai sulla terra; purché mi liberasse per sempre da questo orribile dubbio che mi rode il cervello e mi contrista la vita!
De Amicis, non potendo visitare meglio la chiesa, parla con un sacrestano che lo informa così:
“E’ un fatto- mi disse- quasi miracoloso e che non si crederebbe, se non fosse attestato dalla tradizione, che dal tempo antichissimo quando fu posta sul piedistallo la statua della Vergine, fino al giorno in cui viviamo, tranne la notte che la chiesa è chiusa, il Santuario non rimase vuoto un momento, un momento solo, in tutto il rigore della parola.  Nostra Signora del Pilar, non è mai stata sola. Nel piedistallo della statua, a furia di baci, s’è fatto un incavo nel quale può entrare la mia testa. Neanche gli Arabi non ebbero il coraggio di proibire il culto di Nostra Signora; la Cappella di S.Giacomo, fu sempre rispettata. E’ caduto molte volte il fulmine nella chiesa, accanto al Santuario, e anche dentro, in mezzo alla gente affollata: ebbene, non è mai stato colpito nessuno!  E le bombe dei Francesi? Ne hanno ben bruciati e rovinati degli edifici; ma a cadere sulla chiesa di Nostra Signora, gli era come se cadessero sulle rocce della Serra Morena.  E ai Francesi che fecero man bassa in ogni parte, gli è bastato il fegato di toccare i tesori di Nostra Signora?
Un solo generale si permise di prendere un gingillo per fare un regalo a sua moglie, offrendo in compenso alla Vergine un ricco donativo; ma sa che cosa gli è seguito? Alla prima battaglia, una palla di cannone gli portò via una gamba.”
(Carlo)

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