Continua la pubblicazione del calendario legionario 2016; mese di ottobre
L’ETA’ DELLA
SINDONE
La Sindone
subì ben tre incendi, durante i quali ebbe vari danni causati dal fuoco e
dall’acqua usata per spegnerli; sono ben evidenti in essa le macchie speculari
ai lati del corpo. Nell’incendio del 1532, la cassa esterna di legno, contenente
la Sindone, fu completamente arsa e l’enorme calore sviluppatosi fuse un angolo
della cassa interna formata da argento antico, mescolato con mercurio, rame,
piombo e arsenico e tale da resistere poco tempo ad un calore di 900 gradi
Celsius. Il telo dentro la cassa era
ripiegato più volte, pertanto è stato possibile notare i gradi decrescenti
delle bruciature, man mano che ci si avvicinava al fondo della piegatura.
Osservando bene, si sono scoperti (ai lati del corpo), tre fori rotondi,
disposti in verticale, più un foro laterale, rappresentanti una “L” maiuscola.
Nel 1516, cioè 15 anni prima del rogo, un miniaturista di nome Albrecht Durer,
riprodusse questa immagine, raffigurando scrupolosamente gli strani fori. Nel 1993 Pray scoprì, nella Biblioteca Nazionale di Budapest, un
Codice in pergamena (a cui dette il suo nome), databile tra il 1150 e il 1195,
dove appariva una miniatura nella quale erano ben visibili i fori a forma di
“L”. L’ignoto miniaturista ungherese,
aveva assistito alla mostra del sacro lino, avvenuta nel 1150 a Costantinopoli e l’aveva riprodotta
con estrema precisione, disegnando la serie di fori bruciacchiati,
considerandoli un ricordo prezioso dello scampato pericolo. Pertanto, nel 1993 Jerome Lejeune dichiarò che la Sindone,
allora conservata a Costantinopoli, è la stessa che oggi si trova a Torino,
dimostrando che l’errata datazione al radiocarbonio, l’aveva localizzata tre
secoli dopo.
RAGIONI A
FAVORE DELL’AUTENTICITA’
Le impronte
umane della Sindone sono veramente di un corpo umano. Esse non sono un dipinto;
infatti, fino ad ora, nessuno è stato in grado di dimostrarlo. La Sindone è
stata gelosamente custodita e protetta fin dal 1353. Si dovrebbe concludere che
l’eventuale pittura risalga anteriormente a quell’anno. Ma l’immagine sindonica
è un negativo fotografico perfetto e a quell’epoca non era né possibile né
concepibile realizzarlo.
“Quel corpo
è uscito dal lenzuolo senza strappo dei coaguli ematici, cioè senza movimento,
senza spostarsi, come passando attraverso il lenzuolo. Infine le tracce scritte
in greco, latino ed ebraico, impresse per sovrapposizione sul lenzuolo. Barbara
Frale ha dedicato un libro al loro studio: “La Sindone di Gesù Nazareno”. Da
quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina
“innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva
essere restituito alla famiglia. La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che
doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di
Gesù di Nazareth. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato
tutto.” (A.Socci)
(Carlo)
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