VICENDE DEL
SEPOLCRO
Dal 600 al
1200 circa dopo varie vicende che videro alternarsi i capi arabi, tesi a
conquistare Gerusalemme, considerata anche la loro città Santa ribattezzata Al Quds,
alcuni di loro, accecati dall’odio religioso, cercarono di distruggere, in
parte riuscendoci, i luoghi sacri al Cristianesimo. Il 15 luglio 1099 i crociati vinsero,
espugnando Gerusalemme e inaugurando un restauro del Santo Sepolcro, fortemente
danneggiato.
“Riprendendo
la tradizione antichissima, fu creata una scala per scendere al “Santuario di
S.Elena”, l’antica cisterna dove si erano ritrovati i chiodi e le croci, il
luogo che ancor oggi è il più emozionante e significativo del monumento e che
gli architetti costantiniani avevano in qualche modo riecheggiato
nell’originario “Cubiculum Sanctae Helenae” in Santa Croce di Roma. L’opera di ricostruzione prese cinquant’anni
e il sepolcro fu imprigionato nella sua sovracostruzione marmorea.
La prima volta
che fu possibile rivedere le pietre del sepolcro, ce la descrive Padre
Bonifacio da Ragusa:
“Nel 1555 per rifare l’edicola sovrastante il
sepolcro, ormai troppo danneggiata, arrivarono a scoprire l’antica roccia e il
banco sepolcrale; con grande sorpresa e commozione, trovarono l’ambiente
funebre ancora saturo di balsami. Inoltre, sul banco funerario, giaceva un
“sudarium pretiosum”, un tessuto ricamato in cui era involto un frammento di
legno. Accanto ad esso vi era anche una pergamena estremamente deteriorata in
cui Padre Bonifacio potè leggere due sole parole: “…Helena magni…”.
Portati
all’aria, come racconta Padre Bonifacio, pergamena, legno e tessuto, si
dissolsero in breve, lasciando solo polvere e alcuni fili d’oro che ornavano la
stoffa.” (M.G.Siliato)
CURIOSITA’
Il telo
sindonico veniva esposto in pubblico, ogni anno a Pasqua e si notò che alla
luce solare l’Impronta, con il passare delle ore, appariva più intensa e
discernibile. Molti studiosi hanno
rilevato una sorta di fotosensibilità dell’Impronta e nel 1991 John Heller
scoprì che le fibrille toccate dal corpo, sotto un certo angolo di incidenza
della luce, venivano esaltate, aumentando la loro visibilità.
Molti
antichi personaggi degni di fiducia, asserirono che, secondo il volgersi del
sole, la luce giocava sul telo sindonico, sfumandone o accrescendone il
contrasto. “Un’ immagine non delineata
sui bordi, che sfuma in niente, che se ti avvicini, via via impallidisce e
scompare, se ti allontani, riemerge; un colore estenuato, pallidissimo, che non
sapresti definire; due lunghe impronte di un corpo spogliato, di fronte e di
schiena, una quantità di segni, evidentemente sanguinolenti, stampati anch’essi
sulla pelle in una suprema immobilità cadaverica.”(M.G.Siliato)
Nell’anno
39, un teosofo ebreo di nome Filone, scrisse una supplica all’Imperatore
Caligola (succeduto a Tiberio), denunciando le prepotenze dei Governatori
provinciali. In seguito fece un giudizio
impietoso del Procuratore romano della Giudea, Ponzio Pilato:” uomo sgradevole
da trattare, formalista e testardo, tirannico se di cattivo umore; crudele,
durissimo coi deboli; provocatorio e poco disposto ad ascoltare i consigli
altrui, soprattutto se sensati; però, in compenso, corruttibile per denaro.”
Per
rispondere a quanti contestano che in varie Chiese d’ Europa vengano esposti
vari chiodi della Crocifissione, si spiega che, secondo l’antichissimo uso
della Chiesa d’Oriente, inserire un frammento d’oggetto sacro o reliquia,
santificava la sua copia esportata per il mondo. Un minimo frammento di ferro,
limato via dall’originale e fuso in altri chiodi, dava a ciascuno di questi un
valore di documento fisico visivo, per la forma in cui erano forgiati e un
valore di reliquia per il contenuto incorporato. Infatti Costantino inglobò un frammento di
quel ferro sacro nella sua armatura e un altro frammento fu inglobato nella
corona di Teodolinda .
(Carlo)
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